Economia

Si rischia un crac come nel 2008: la bomba finanziaria che spaventa l'Europa

La crisi energetica morde e il peso dei debiti accumulato dai colossi europei dell'elettricità inizia a essere consistente

Si rischia un crac come nel 2008: la bomba finanziaria che spaventa l'Europa

In vista dell'autunno caldo della crisi energetica il mercato elettrico appare il vero punto critico per la gestione dell'equilibrio economico nel continente europeo. Il prezzo dell'elettricità, in quanto prodotto secondario della generazione energetica, è soggetto a sconvolgimenti ancora più imprevedibili di quelli che caratterizzano mercati primari (gas e petrolio ad esempio) e sta conoscendo in tutto il Vecchio Continente una corsa record dei prezzi. Eccezion fatta per quei Paesi che hanno giocato d'anticipo, Spagna e Portogallo, l'elettricità è il vero punto critico per molti Paesi.

Su Inside Over lo si era sottolineato: una situazione con rincari dell'elettricità su base annua per i contratti a consegna nel 2023 compresi tra le sette e le dieci volte i prezzi ordinari di mercato non è semplicemente sostenibile. E il Corriere della Sera sottolinea che a essere messo sotto pressione è l'European Energy Exchange (Eex), il principale mercato finanziario dell'elettricità nell'Unione Europea, con sede nella città tedesca di Lipsia e partecipato a maggioranza da Deutsche Borse.

"L'esposizione finanziaria delle imprese elettriche a causa dei meccanismi della piattaforma Eex di Lipsia", nota Federico Fubini nella sua analisi, "è colossale: circa duecento miliardi di euro accumulati quasi tutti negli ultimi mesi — secondo stime dell’industria — di cui circa trenta o quaranta in più solo nella giornata di ieri con il balzo dei prezzi dell’energia" che proprio a partire dalla crisi di Francoforte ha messo le borse al tappeto. Questo è legato al fatto che i produttori sono tenuti a versare una garanzia all'Eex ogni volta che il prezzo dell'elettricità supera la soglia a cui un dato contratto è prezzato per la sua scadenza. Una condotta tipica nei contratti finanziari sulle commodities, ma il fatto che a versarlo siano aziende che generano l'elettricità rende le contrattazioni in materia diverse da quelle su un future finanziario tradizionale.

La conseguenza si vede nella corsa folle dei prezzi. Al 24 agosto i prezzi avevano toccato in Italia i 642 euro al MWh, dopo esser stati oltre i 400 euro per tutto luglio, nella giornata del 22 agosto in Germania hanno superato i 700 euro per la prima volta nella storia, in Francia negli stessi giorni si è oscillato tra i 555 e i 600 euro nonostante la copertura garantita dal nucleare che ripara dal caro-gas. Una settimana dopo, la fiammata è rientrata in parte, stabilizzando però quasi ovunque i prezzi tra i 450 e i 500 euro al MWh.

Sono livelli difficilmente gestibili perchè rischiano di creare un cortocircuito tra domanda e offerta a partire dagli eccessivi rincari nella produzione e nella generazione energetica, con tanto di aggravi negli approvvigionamenti di materia prima e incertezza nelle forniture finali, che stanno mettendo in ginocchio molti produttori. La Francia ha nazionalizzato il colosso elettrico Edf; in Germania lo Stato con un investimento di 15 miliardi ha sostenuto e poi salvato Uniper, entrando nel suo capitale con una quota del 30%. Recentemente, a fine agosto, l'Austria ha promesso miliardi di euro di sostegno finanziario all'utility municipale di Vienna dopo che il generatore di elettricità principale della capitale ha dichiarato di dover affrontare rincari insostenibili: Wien Energie potrebbe aver bisogno di ben 6 miliardi di euro per continuare a fornire servizi per i suoi 2 milioni di clienti. La Finlandia con 10 miliardi di euro ha recentemente lanciato un piano di sostegno alle aziende energetiche colpite dalla crisi dei prezzi scatenata dalla guerra in Ucraina portando a 33 miliardi le risorse stanziate complessivamente assieme alla Svezia sul fronte del sostegno contro la crisi del caro-elettricità e caro-bollette. In controtendenza, per un approccio industriale diversificato e l'ampia spintna sulle rinnovabili, l'italiana Enel, che si sta permettendo addirittura investimenti importanti come quello da 600 milioni di euro annunciato di recente a Catania per un nuovo parco fotovoltaico.

Lo choc energetico che colpisce le big dell'elettricità è tale da rendere, in ogni caso, cupi gli scenari per l'autunno, in cui al rischio di interruzioni delle forniture dalla Russia rischia di aggiungersi il problema della carenza di risorse finanziarie e un aggravio del costo del sostegno alle utilities in crisi per le bilance finanziarie degli Stati europei. Il rischio caos è tutto fuorché scongiurato e nel quadro dell'ora più problematica per l'economia europea, che rischia di scivolare verso una nuova recessione, si pone di fronte ai Paesi dell'Unione la minaccia di un circolo vizioso: una crisi energetica capace di generare lockdown produttivi e industriali e, a cascata, una tempesta finanziaria legata al combinato disposto tra l'irrazionalità dei mercati energetici e il fardello debitorio accumulato nel 2022 dalle utilities. La nuova Lehmann può partire dall'Europa e dall'energia: ragion per cui per i governi europei una soluzione emergenziale sul fronte del calmiere dei prezzi non è più demandabile.

Pena il de-sviluppo del Vecchio Continente.

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