La guerra tra diritto d'autore e intelligenza artificiale debutta ufficialmente nelle aule giudiziarie italiane. Reti Televisive Italiane (Rti) e Medusa Film hanno avviato un'azione legale presso il tribunale civile di Roma contro Perplexity AI, una delle tante società americane che si occupa di intelligenza artificiale generativa. Secondo le due aziende del gruppo Mediaset, Perplexity avrebbe utilizzato "senza permesso e su larga scala" numerosi contenuti audiovisivi e cinematografici di loro proprietà per addestrare i propri sistemi di intelligenza artificiale. Con il Large Language Model, si "addestra" offline l'intelligenza artificiale usando materiale trovato in rete - in gergo si chiama web scraping - ravanando dentro server o siti che custodiscono informazioni teoricamente protette da copyright (ci sono app di Ai pizzicate a rubarsi i file a vicenda) ma senza custodirne una copia o Rag, Retrieval augmented generation, ovvero "generazione aumentata dal recupero" di materiali già sul web.
Come avevamo documentato nei giorni scorsi su Moneta, sul text and data mining la legislazione occidentale si sta muovendo in ordine sparso. Gran Bretagna e Germania hanno partorito sentenze diametralmente opposte, i paletti Usa non convincono, la stessa normativa Ue che intende normare la Ai è stata in parte "congelata". Il tema su cui si dovrà discutere in un'aula giudiziaria italiana è: se una intelligenza artificiale generativa riproduce - solo per sé - un'opera protetta da copyright mentre si sta "addestrando" a imparare come creare immagini o contenuti "suoi", che diritti può vantare chi sta aiutando la app? Secondo l'Alta Corte di Londra nessuno, perché tecnicamente secondo la legge britannica lo "stile" di certi testi o di certe immagini non è esplicitamente protetto dal diritto d'autore. In Germania, dove le app di intelligenza artificiale sono usate da due utenti su tre, un giudice ha riconosciuto a una app di Ai il diritto di "copiare" se ha una natura non commerciale o si muove per scopi scientifici, mentre la Gema (la Siae tedesca) è riuscita a far condannare OpenAi dal tribunale di Monaco per aver fatto "imparare" a ChatGpt nove canzoni popolari senza chiederne i diritti. Negli Usa la sentenza Bartz vs Anthropic (che si è chiusa con una transazione) ha fissato un altro paletto: se si prendono file da piattaforme illegali, il prodotto di questo "furto" è a illecito.
Le due società Mediaset chiedono che Perplexity AI paghi un corposo risarcimento danni, con una penale giornaliera in caso di eventuali violazioni future e la cancellazione di questi contenuti. La società fondata da Aravind Srinivas è una specie di Google delle Ai, ha già una partnership con alcuni media di cui usa gli articoli per convincere gli utenti ad approfondire l'argomento, attraverso domande mirate.
"Il tribunale dovrà esprimersi sui limiti di utilizzo delle opere protette dal diritto d'autore", spiega al Giornale l'avvocato Cesare Del Moro, che a sua volta solleva interrogativi senza risposta: "La costituzione di un database
costituisce uno sfruttamento dell'opera? Se l'opera non viene conservata, è assimilabile all'apprendimento umano? Sono opere derivate o opere originali, che si ispirano a quelle precedenti?". Al tribunale di Roma l'ardua sentenza.