Alla vigilia dei conti 2018, che svelerà oggi al mercato, Unicredit annuncia il cambio della squadra al vertice.
L'ad Jean Pierre Mustier ha infatti deciso di riorganizzare le prime linee in vista del nuovo schema di gioco che sarà disegnato con il nuovo piano industriale al 2023 da presentare il prossimo 3 dicembre a Londra. L'uscita che fa più rumore è quella del direttore generale, Gianni Franco Papa, che dal primo giugno lascerà il gruppo dopo 39 anni. Dal 7 febbraio, rimarrà come consulente dell'ad «per la prosecuzione della realizzazione del piano, sino al momento della sua uscita». Gli sarà riconosciuto un pacchetto totale per la risoluzione del rapporto di lavoro di 3,65 milioni equivalente a 21 mesi di retribuzione complessiva.
Il progetto di riorganizzazione, approvato ieri dal cda e che sarà effettivo entro fine marzo, «ha come obiettivo quello di continuare il processo di razionalizzazione iniziato con Transform 2019, e assicurare che la squadra manageriale, che implementerà il piano strategico 2020-2023, ne abbia la responsabilità sin dall'inizio del processo di pianificazione», si legge nella nota diffusa dall'istituto di Piazza Gae Aulenti. Nel riassetto, tra i vari punti, Richard Burton diventerà il responsabile della divisione Corporate and Investment Banking, mentre Francesco Giordano e Olivier Khayat sono nominati co-Ceo Commercial Banking dell'Europa Occidentale.
«Ci apprestiamo ad affrontare l'ultima parte della maratona e con l'avvicinarsi del raggiungimento dei nostri obiettivi finanziari ed operativi, è giunto il momento di prepararci al prossimo ciclo strategico», ha spiegato Mustier. L'allargamento della funzione di Finanza e Controllo «supporterà tutte le iniziative di gruppo e lo sviluppo del business». Nelle sale operative intanto ci si chiede se sarà la nuova squadra a guidare la banca verso una aggregazione finora esclusa dall'ad almeno fino alla fine del 2019. Di recente Mustier ha definito «le fusioni transfrontaliere in Europa molto complesse», aggiungendo che finché la Ue non adotterà un quadro più favorevole per questo tipo di operazioni, «dobbiamo organizzarci per raggiungere le dimensioni critiche in alcune delle nostre aree di riferimento».
Oggi la parola passa ai conti 2018: nei primi nove mesi dell'anno era stata svalutata per 846 milioni la quota nella controllata turca Yapi Kredi e erano stati aumentati gli accantonamenti (741 milioni) per le cause Usa contro la sussidiaria tedesca Hvb.
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