Dal nome al partner, tutte le sfide Fiat

Ieri il casuale faccia a faccia a distanza su Repubblica e il Giornale con Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria del Senato; lunedì, di buon'ora come da tradizione, l'incontro con i giornalisti al Cobo center di Detroit in occasione del Salone dell'auto 2014. Sergio Marchionne, levatosi di dosso il problema dell'acquisizione dell'ultima fetta di Chrysler, ogni giorno che passa sembra voler centellinare i progetti futuri del gruppo Fiat-Chrysler. La settimana, intanto, si è chiusa bene: proprio ieri S&P ha confermato i rating sul debito a lungo termine di Fiat a «BB-» e per quello a breve a «B», con l'outlook stabile. «Il pieno controllo di Chrysler - spiega l'agenzia - dovrebbe dare un nuovo impulso alle iniziative di integrazione del gruppo e una maggiore flessibilità per attuare la propria strategia commerciale e industriale su scala mondiale. E nel tempo potrebbe anche generare alcuni risparmi». Nei giorni scorsi Moody's ha invece minacciato di declassare Fiat.
Ultimata l'operazione Chrysler, ora Marchionne dovrà via via scongelare i dossier tenuti in stand-by. Passiamone in rassegna alcuni.
L'Italia. A fine aprile, dopo la prima trimestrale 2014, e con la fusione tra Fiat e Chrysler avviata o addirittura già conclusa, si conoscerà il futuro del nuovo gruppo, insieme ai progetti premium per Alfa Romeo e Maserati. Da sapere ancora è se il piano industriale sarà triennale, quadriennale o altro. E lo stesso vale per l'ammontare degli investimenti (capitolo legato all'opzione convertendo): le cifre uscite di recente non sono mai state confermate.
La Borsa. Tutto fa suppore che entro l'estate il gruppo sbarcherà a Wall Street.
Il nome. Marchionne ha affermato che la nuova società avrà un nome nuovo. Quale? Qualche mese fa, a Torino, il presidente John Elkann, durante la presentazione del nuovo Iveco Stralis, aveva precisato che i nomi di Fiat e Chrysler, una volta fatta la fusione, sarebbero rimasti. C'è da pensare, dunque, ad alcune ipotesi, tipo: Fiat Chrysler Motor Company (molto internazionale) oppure, più semplicemente, Fiat Chrysler Group.
Stati Uniti. Gli investimenti del gruppo riguarderanno, ovviamente, anche il mercato americano. Negli Usa le immatricolazioni galoppano: oltre 15,5 milioni i veicoli immatricolati nel 2013 (+8%), 5 milioni in più rispetto al 2009, l'anno della grande crisi dell'auto in America. Le fabbriche del gruppo Chrysler producono a pieno regime. È quindi probabile che vengano creati nuovi spazi al loro interno, come per esempio è accaduto a Toledo, per aumentare la capacità.
Toluca e la 500. Nei piani di Marchionne ci potrebbe anche essere il rientro in Europa della produzione della 500 «americana». L'icona Fiat nasce, per il mercato Usa, a Toluca, in Messico, mentre dalla Serbia arrivano le 500L. Avendo bisogno di più capacità, ma anche di far lavorare di più lo stabilimento polacco di Tychy (ora limitato alla Lancia Y e, ancora per poco, alla Ford Ka), ecco allora che il progetto di riportare nel Vecchio continente la produzione della Fiat 500 «americana» potrebbe essere possibile. Il piano, tra l'altro, rientrerebbe nel più ampio progetto di fare dell'Europa, e soprattutto dell'Italia, un hub per gli altri mercati.
Il terzo partner. Il lungo braccio di ferro con il fondo pensioni Veba ha congelato la ricerca del partner, probabilmente asiatico, di Fiat-Chrysler. Da tempo circolano i nomi dei produttori giapponesi già legati a Fiat da joint venture industriali: Mazda (alcuni emissari hanno visitato tempo fa Pomigliano d'Arco) e Suzuki. Entrambe le società, di dimensioni non grosse, hanno il profilo giusto per sposare il lingotto italo-americano. Ma sia l'una sia l'altra sono state scottate da altre allenze: Mazda ha ricevuto uno «schiaffone» dall'americana Ford ed è ancora piuttosto fragile; Suzuki, dopo essere stata lasciata da Gm (rapporti pessimi tuttora), intrattiene un rapporto molto freddo con Volkswagen che possiede il 19,9% della casa giapponese. L'alleanza è ora in mano a un arbitrato e Suzuki non vede l'ora di aver le mani libere. Periodicamente suoi emissari vanno comunque a Torino: Fiat continua a fornire motori ai giapponesi.
Novità in India. Qui la separazione delle reti commerciali, prima in comune con Tata (ai clienti i venditori spingevano solo i modelli indiani), comincia a dare i suoi frutti. In febbraio la gamma si arricchierà con la berlina Linea e, a maggio, con la Punto ora venduta in Europa. È prevista anche l'importazione di veicoli Jeep, in attesa di produrli in quel mercato.
Cina e Brasile. Sotto la Muraglia, mondo tutt'altro che facile almeno per il Lingotto, il gruppo spera di raccogliere più soddisfazioni grazie a Jeep e alla nuova Fiat Ottimo. In Brasile il 2014 è l'anno di Pernambuco, secondo grande impianto nel Paese dopo Betim. Nell'area di Goiana saranno prodotte tra 200 e 250mila vetture per un investimento di 3 miliardi di reais.
Il sindacato.

Sul fronte Fiom, infine, c'è da aspettarsi di tutto, compresa una nuova offensiva a colpi di carte bollate da parte del leader sindacale Maurizio Landini. Lo stesso Landini ieri, a proposito delle dichiarazioni di Marchionne a Repubblica, ha parlato - per l'Italia - di «stabilimenti fantasma».

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