Il Nord Est prova a dimenticare le venete

Dopo il crac delle popolari la finanza riparte da Verona con Fondazione, Banco e Cattolica

Il Nord Est prova a dimenticare le venete

i sono più. Spazzati via dalla crisi, dalle inchieste giudiziarie e soprattutto dai crac bancari della Pop Vicenza di Veneto Banca. Ma il Nordest, ferito dalle due popolari, sta cercando di risollevarsi. Come nuovo polo aggregante si candida Cattolica, la compagnia assicurativa guidata da Alberto Minali che ieri ha presentato in Borsa il nuovo piano triennale. La sfida è una profonda revisione del governo societario più aperto al mercato, mentre è rimandata la trasformazione in spa. «Non è il momento di stravolgere l’impianto cooperativo», ha spiegato Minali. Convinto che le rivoluzioni siano «meno intelligenti delle evoluzioni». Di certo, sulla compagnia veronese si sono accesi i riflettori della Borsa dopo l’arrivo di Warren Buffett, entrato nel capitale con il 9% circa acquisito da Pop Vicenza in liquidazione. L’obiettivo dei nuovi vertici è lasciarsi alle spalle il passato, come la disastrosa liason con l’istituto berico quando era feudo di Gianni Zonin («ci siamo insinuati al passivo la scorsa estate e concorriamo con gli altri creditori ma i tempi saranno lunghi», ha detto ieri), e guardare al futuro con una nuova squadra e nuovi compagni di viaggio. «Bisogna crescere sul territorio stando attenti a cosa significa questa parola», sottolinea l’ad di Cattolica. A fare da volano sarà anche l’alleanza bancassicurativa con il Banco Bpm, il gruppo nato dalle nozze fra l’istituto milanese e il Banco Popolare di Verona. E da collante la Fondazione Cariverona, che è azionista sia del Banco Bpm (con lo 0,5%) sia di Cattolica (con il 3,5%, dopo aver rafforzato la presa partecipando al collocamento della Pop Vicenza). Un tempo feudo di Paolo Biasi, ora è presieduta da Alessandro Mazzucco, ex rettore dell’ateneo scaligero, che ha reimpostato la strategia dell’ente con uno schema da investitore istituzionale: un occhio al mercato e un altro al territorio. La cassaforte cittadina da oltre due miliardi di euro di attivi ha scommesso sull’Ipo della veronese doBank mentre si è diluita all’1,8% in Unicredit dove un tempo sedeva nel parterre dei grandi soci con più del 4%. Nella Regione c’è fermento, come dimostrano anche le manovre della veronese Agsm che punta a diventare polo aggregante delle utility da Vicenza a Mantova. L’industria si sta lentamente riprendendo: il pil del Veneto, scrive l’Istat, ha dimostrato di resistere ai colpi della crisi e da 142 miliardi di euro del 2009 è risalito lentamente a 151 miliardi nel 2015. Le stime della Cgia di Mestre dicono che nel 2018 il Veneto è destinato a guidare la classifica italiana della crescita con un +1,6 per cento. Verona vanta uno dei tassi di disoccupazione più bassi su scala nazionale (5,3%), ha fatto nascere marchi come i Tortellini Rana, l’abbigliamento intimo di Calzedonia, il polo fieristico con il Vinitaly, il più importante salone internazionale per il vino e i distillati. che quest’anno si svolgerà dal 15 al 18 aprile. «Il Nordest ha bisogno di un nuovo forte polo bancassicurativo, Fondazione Cariverona ne accompagnerà lo sviluppo», ha detto qualche mese fa Mazzucco. Auspicando che il Banco Bpm «non si limiti a crescere solo verso ovest ma mantenga i piedi, magari anche due, ad Est dove si sta profilando una situazione di monopolio che non è mai una buona cosa».

Il nuovo «centro di gravità» finanziario veronese servirà, infatti, a bilanciare il peso crescente di Intesa Sanpaolo dopo l’acquisto (per un euro) delle due popolari. Mentre più a Est, si registrano le ultime manovre in casa Generali dove nel capitale si stanno rafforzando altri veneti, i Benetton.

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