Economia

Occhio all'assegno: quanto perde chi va via prima

Con la pensione anticipata, il dipendente dovrà sacrificare una buona fetta del proprio assegno mensile

Occhio all'assegno: quanto perde chi va via prima

Con lo spetto dell'ondata di licenziamenti in arrivo (saranno sbloccati dal prossimo mese di luglio) diviene quanto mai d'obbligo parlare di pensioni, dal momento che molte aziende potrebbero scegliere di procedere con il prepensionamento di alcuni lavoratori per impiegare del personale più giovane.

Il potenziamento del contratto di espansione, introdotto in via sperimentale a suo tempo nel cosiddetto dl Crescita per convincere le imprese con oltre mille dipendenti ad operare uno "svecchiamento", ha portato ad includere attività con oltre 250 dipendenti (dl Bilancio 2021), con una soglia che sarà abbassata ulteriormente fino ai 100 dipendenti. Complessivamente, con l'attuazione di questo scivolo, si possono stimare all'incirca 30mila pensionamenti entro il 2022. Per quanto riguarda i costi per lo Stato si parla di un investimento di 408,2 milioni di euro, così distribuiti: 101,7 milioni di euro per l'anno in corso, 225,5 per il 2022, 50,5 per il 2023 e 30,4 per il 2024.

Cosa può accadere

Con la pensione anticipata, il dipendente dovrà sacrificare una buona fetta del proprio assegno mensile: abbandonare il lavoro 5 anni prima del previsto (62 anni) con uno stipendio netto da 2 mila euro al mese vuol dire, secondo Progetica, vedere l'assegno decurtato del 22% da subito e del 10-15% nel prosieguo della vita del contribuente. Una stima di 82 anni di vita media porta a calcolare circa 80mila euro netti di perdite per il pensionato (122mila lordi), almeno secondo Cgil.

Resta, ancora per poco dato che non è stata rinnovata e scadrà il prossimo 31 dicembre, Quota 100, con uscita a 62 anni e 38 di contributi. I cittadini che hanno raggiunto i contributi previsti hanno già avviato le pratiche per accedervi o stanno comunque per farlo. Fino ad ora sono all'incirca 267mila i contribuenti ad aver colto la palla al balzo, potrebbero essere 385mila a fine dell'anno secondo Cgil (meno della metà del numero che si sperava di raggiungere). Dal 1 gennaio del prossimo anno si torneranno nuovamente a prendere in considerazione per il pensionamento i 67 anni di età (vecchiaia). Almeno per il momento, infatti, non pare esserci all'orizzonte un erede di Quota 100, dato che i sindacati avevano richiesto ad Andrea Orlando un incontro urgente per avviare delle nuove trattative. Il tavolo era in previsione per il mese di maggio, ma le promesse del ministro del lavoro non sono state mantenute. Cgil, Cisl e Uil propongono un'uscita a 62 anni con 20 di contrinuti minimi e senza ricalcoli punitivi. Il presidente dell'Inps Pasquale Tridico spinge per una pensione a 62 anni con assegno in due tempi: prima la parte contributiva (ovvero l'incasso sulla base dei contributi versati), poi quella retributiva (ovvero quella calcolata sulla base degli ultimi stipendi), ma solo dopo che sono trascorsi 5 anni.

Secondo il calcolo di Progetica un cittadino classe 1960 che ha iniziato a versare i contributi dal 1985 ed ha un reddito mensile di 1800 euro netti prenderebbe subito 847 euro invece che 1434 (con una perdita del 41%). Raggiunti i 67 anni, da lì in poi salirebbe solo fino a 1253 euro, ovvero un -13%. Se lo stesso lavoratore aderisse al prepensionamento a 62 anni con contratto di espansione potrebbe arrivare fin da subito fino a 1118 euro netti al mese (-22% rispetto ai 1434 euro), per poi giungere a 1253 euro (-13%) come nell'ipotesi avanzata da Tridico.

Per quanto riguarda il contratto di espansione, l'impresa versa i contributi solo nel caso in cui il lavoratore sia a 5 anni dal requisito della anticipata (quindi con almeno 37 anni e 10 mesi di contributi) ma non dal requisito della vecchiaia. "Queste criticità vanno risolte, se vogliamo far funzionare uno strumento che si rivela parziale e rischia di essere penalizzante per i lavoratori, specie le donne.

Speriamo che Orlando ci convochi al più presto", auspica il segretario Confederale Cgil Roberto Ghiselli.

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