Camilla Conti«Too big to fail». Tradotto: «troppo grande per fallire». Il riferimento è alle banche sistemiche e dunque da tenere in piedi a qualsiasi costo perché Il crac di Lehman Brothers ha dimostrato che anche i giganti possono avere piedi d'argilla. Ora, con l'introduzione delle nuove norme sul bail in si sono aggiunti nuovi rischi per un'altra categoria di istituti: quelli «too small to save». Troppo piccoli da salvare. Bcc, casse di risparmio, ma anche alcune popolari così radicate sul territorio da rimanere ostaggio di antichi grovigli che negli anni hanno prosciugato i bilanci e fatto lievitare gli incagli. Istituti in cui le fondazioni hanno, in moltissimi casi, alimentato certe relazioni di campanile ma comunque puntellato il capitale. Ora che gli enti, nel rispetto del patto siglato l'anno scorso con il Tesoro, devono diversificare i loro investimenti e dunque ridurre drasticamente le loro partecipazioni in banca - Mps docet - i nuovi compagni di viaggio o eventuali cavalieri bianchi vanno trovati sul mercato. Altrimenti il rischio è di far scattare il salvataggio interno. Ovvero di far pagare il conto di errori strategici o gestioni «dolose» a correntisti e obbligazionisti. Fra le too small to save nostrane, ci sono quelle banche su cui sono accesi da tempo i riflettori di Bankitalia. Il sito di Altroconsumo di recente ha assegnato da una a cinque stelle le banche. Per farlo, ha preso in esame gli indicatori di tenuta patrimoniale (il Cet1 e il Total Capital Ratio). Un punteggio di 100 indica che la banca rispetta esattamente i limiti fissati dai parametri utilizzati. Se il punteggio è inferiore, cominciano i guai: chi ha cinque stelle è in una botte di ferro, chi ha una o due stelle va monitorato. Ebbene, fra queste c'è la Cassa Risparmio Rimini con un punteggio 118 (2 stelle) che nel 2016 sarà chiamata a una nuova ricapitalizzazione. Quando la Carim uscì dal commissariamento nel 2012 avrebbe avuto bisogno, secondo Bankitalia, di un aumento di capitale di 120 milioni. Si è arrivati solo a 70. Inoltre con il perdurare della crisi le previsioni sulle perdite sui crediti deteriorati fatte dai commissari di Bankitalia si sono rivelate insufficienti. Morale: Perché Carim possa rinforzarsi, rispettare i parametri e continuare a fare credito serviranno altri 100 milioni. Restando in Romagna, fra le sorvegliate speciali c'è anche la Cassa di Risparmio di Cesena finita nel mirino della magistratura con un'inchiesta aperta nel 2014 dalla Procura di Forlì sulla base di una relazione di Bankitalia che segnalava irregolarità nella distribuzione dell'acconto sul dividendo erogato nel 2012. Nell'ultimo mese, la banca ha comunque ribaltato interamente il cda con la nomina del presidente Catia Tomasetti (numero uno di Acea nonché partner dello studio legale Bonelli Erede), del direttore generale Dario Mancini (arriva dal Banco Popolare dove ricopriva la carica di general manager della sede di Londra, ed è fratello del procuratore capo di Ravenna) e del suo vice Paolo Formigoni (che proviene da Chianti Banca). La vera sfida per il nuovo vertice sarà però quella di varare il nuovo piano industriale entro metà aprile ma soprattutto trovare un investitore disposto a mettere sul piatto almeno 60 milioni di euro per ricapitalizzare la banca dopo la perdita di 37 milioni registrata nel primo semestre 2015. Le Fondazioni di Cesena, Faenza e Lugo, che insieme oggi possiedono il 66% del capitale dovranno scendere sotto al 30% e quindi andranno rimpiazzate. Potrebbe essere interessato qualche fondo straniero oppure un gruppo interessato a crescere in Italia come il Credit Agricole. Nel frattempo, l'Italia ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia europea sul caso Tercas.
Roma ha deciso di ricorrere contro il provvedimento della Commissione Ue che ha bloccato l'intervento del Fondo interbancario di tutela del depositi nel salvataggio dell'istituto di Teramo perché considerato aiuto di Stato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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