Ora Marchionne rassicura: «Alfa mai fuori dall'Italia»

«Le Alfa Romeo non saranno prodotte mai fuori dall'Italia e tutti gli operai di Mirafiori saranno riassorbiti»: parola di Sergio Marchionne. In un'intervista al Financial Times l'ad di Fiat spezza, come già altre volte, gli schemi, in una sorta di «retromarcia» strategica rispetto alle affermazioni choc del luglio scorso. Allora Marchionne aveva definito l'Italia un Paese impossibile per fare industria, aggiungendo: «Abbiamo le alternative necessarie per realizzare le Alfa ovunque nel mondo». Ma per un marchio di lusso non sarebbe la stessa cosa: lo ammette anche lui. «Non c'è dubbio che l'origine della produzione è importante per la Maserati. Penso che lo sia anche per l'Alfa», dichiara ora l'ad del Lingotto. E promette: «Noi non produrremo mai al di fuori dell'Italia. Potrà essere il prossimo ceo a farlo, non io». Perchè «c'è sempre un modo per abbassare il livello, ma la domanda è se questa sia la risposta giusta per un marchio come Alfa. E se guardo alla sua storia e al suo Dna penso che le nostre ambizioni possono essere state sottostimate in passato».
L'Italia, dunque, non si tocca: e neppure Mirafiori. «Il piano che intendiamo applicare in termini di pieno sviluppo del sito è che tutte le persone impiegate nell'impianto siano riassorbite», sottolinea Marchionne. Nello stabilimento torinese è prevista «una catena di assemblaggio completa e un nuovo modello che andrà a integrare la gamma Maserati. Penso - afferma - che abbiamo un disperato bisogno di Suv». L'investimento, assicura, è già partito e l'idea è di «entrare sul mercato nel secondo trimestre del 2015».
Le difficoltà, invece, arrivano dagli Stati Uniti, dove la trattativa per Chrysler si è arenata: Fiat e Veba non sono riusciti a trovare un accordo sul prezzo di acquisto della quota detenuta dal fondo pensionistico e l'Ipo appare sempre più vicina. Tanto che è già stata predisposta la documentazione richiesta dalla Sec: «Dovremmo essere pronti a consegnarla entro la terza settimana di questo mese», annuncia Marchionne. E aggiunge: «Dobbiamo andare avanti su questo lavoro di determinare il valore». Un compito tutt'altro che indolore: Fiat, secondo indiscrezioni di stampa, valuta nel complesso la partecipazione di Veba circa 4,2 miliardi ma il fondo alza l'asticella a cinque. Veba «è stato molto chiaro- spiega Marchionne - non si considerano detentori a lungo termine delle azioni. Vogliono monetizzare, per cui dobbiamo trovare un modo che gli consenta una via di uscita, la quale non determini quello che io considero un valore eccezionalmente alto o aspettative abnormi».

Lo sbarco in Borsa di Chrysler potrebbe dunque avvenire già entro fine anno o tutt'al più nel primo trimestre 2014: conseguenza quasi certa, uno slittamento dei tempi per la fusione tra Fiat e la casa americana. Un'ipotesi che non piace ai mercati: il titolo del Lingotto ha perso lo 0,2 per cento.

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