«Fca ha capito, tra i primi, la natura del problema Covid-19 e ha deciso la chiusura temporanea di quattro impianti. Oltre a dover sanificare le linee, è evidente la necessità di contenere la produzione. È chiaro, comunque, che l'industria automotive ha bisogno di ridefinire le sue condizioni operative su scala continentale; le fermate forzate in atto vanno anche in questa direzione».
Giuseppe Berta, storico e docente all'Università Bocconi, analizza le conseguenze che l'improvvisa crisi generata dal coronavirus farà ricadere su uno dei settori centrali per l'economia e l'occupazione. «C'è da chiedersi - aggiunge - se sarà possibile mantenere la prospettiva quinquennale delineata dall'Ue di aver sulle strade un tot numero di vetture elettriche. Ne dubito». La realtà è sotto gli occhi di tutti: aziende ferme, concessionarie chiuse e officine senza lavoro. Berta vede nero: «Quanto sta accadendo inciderà sulla domanda di auto. In Europa c'è già un mercato in sofferenza, anche se non come quello cinese che, dopo un periodo negativo, ha perso l'80% in febbraio. Si andrà incontro a una caduta accentuata, e lo stesso avverrà presto per l'intera Europa».
Professor Berta, in Italia la stima attuale più realistica guarderebbe a 1,6 milioni di unità nel 2020. La perdita sul 2019 sarebbe di oltre 300mila vendite.
«Per l'Italia mi aspetto lo scenario peggiore. Marzo e aprile, mesi cruciali, saranno colpiti duramente. E qui si pagano anche le mancate promesse di interventi fatte più volte dal governo. Per ora tengono gli Usa, ma per quanto tempo ancora, vista la proclamazione dello stato d'emergenza?».
La filiera italiana, con le sue Pmi, uscirà provata da questa situazione. È di questi giorni il «Manifesto» di Anfia, associazione che le rappresenta, che incoraggia a tenere duro.
«Senza dubbio queste imprese ne usciranno con un drastico taglio di profitti e ricavi. Mi aspetto un 2020 molto difficile anche per le aziende più dinamiche».
Tra queste imprese ci sono quelle dei concessionari. Del resto, una volta chiuso questo capitolo, acquistare l'auto non sarà una priorità.
«Già non attraversano tempi brillanti. Rischiano un anno nero. Siamo di fatto a una paralisi di alcuni mesi».
Una crisi scatenata da un problema sanitario di portata ormai mondiale nessuno se lo aspettava.
«Il Covid-19 si è aggiunto a due grandi problemi: la globalizzazione in ritirata e la transizione tecnologica con i suoi costi abnormi sostenuti al buio dall'industria dell'auto. Nessuno sa, ancora, se questi investimenti avranno un ritorno. Tutto questo porterà la gente ad avere meno soldi in tasca. Ci troviamo nello scenario peggiore per ipotizzare una transizione tecnologica della rapidità con cui sta avvenendo».
Scenario che vede i maggiori gruppi dell'auto stanziare fiumi di miliardi.
«Penso a realtà come Gm, ma anche Volkswagen, Daimler e Bmw, protagoniste di sforzi colossali nel campo della guida autonoma e dell'elettrico. Per le auto elettriche i listini restano esagerati. Sono vetture acquistabili solo grazie a massicci incentivi».
Questa crisi inciderà sulla fusione tra Fca e Psa?
«Non credo. Le nozze sono avviate. Carlos Tavares procede spedito nell'organizzare il tutto. I francesi, con la famiglia Peugeot, hanno rinnovato la loro fiducia nell'operazione. In questa fase penso convenga invece accelerare il closing».
Tra i gruppi dell'auto c'è chi rischia?
«In Europa, il futuro ad di Renault, Luca De Meo, è chiamato a fare un miracolo, visti i rapporti difficili con Nissan. Come ristabilirà gli equilibri tra Parigi e Tokio? E a quale prezzo? Negli Usa, Ford ha fatto tantissimo, ma è da tempo in affanno e ha davanti a sé una grande sfida. Ci sarà una rivisitazione dell'assetto mondiale».
A favore di chi?
«Google e Apple si sono affacciati in questo mondo. Ma di fronte alle complessità di passare da big delle tecnologie a produttori di sistemi per la mobilità, si sono fermati. Non è però escluso che in un momento, come quello attuale, di ridiscussione totale, possano uscire allo scoperto nuovi soggetti pronti a lanciarsi in sistemi complessi nella mobilità e con tanti servizi da offrire. Quindi, meno soggetti tradizionali nel settore a favore di altre realtà che non producono».
Il tracollo del prezzo del petrolio potrebbe giocare a favore dei motori termici, a benzina e gasolio?
«Ribadisco: l'Ue ha fatto scelte drastiche, prese troppo
frettolosamente, a favore dell'elettrico. Un ripensamento è possibile, ma bisogna aspettare di capire quali saranno i nuovi modelli di domanda. E come i costi da coronavirus si rifletteranno sulla capacità di spesa delle famiglie».
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