Cronache

Paolo Borzacchiello: "Le parole cambiano la vita delle persone"

Intervista a Paolo Borzacchiello, uno dei più grandi esperti di linguaggio, che racconta come le parole non hanno solo un significato simbolico, ma concretamente possono letteralmente cambiarci la vita

Paolo Borzacchiello: "Le parole cambiano la vita delle persone"

Le parole possono fare magie. Con quelle giuste puoi ispirare le persone, puoi letteralmente trasformare la realtà e rendere qualsiasi business un business straordinario. Con quelle sbagliate, puoi rovinare tutto. Purtroppo, troppo spesso le usiamo senza rendercene conto. Abituati da un certo tipo di educazione, ogni giorno parliamo e agiamo secondo strutture mentali che spesso ci fanno sbagliare, rendendo la nostra vita complicata". Ed è qui che entra in gioco Paolo Borzacchiello fra i massimi esperti di intelligenza linguistica applicata al business. Da oltre quindici anni si occupa di studio e divulgazione di tutto ciò che riguarda le interazioni umane e in particolare modo il linguaggio. È tra i più quotati trainer e speaker nel mondo della comunicazione efficace e della vendita ed è il direttore di HCE University. Ogni anno forma migliaia di persone in aula e segue aziende, imprenditori e manager in tutto il mondo. Dopo studi, ricerche e approfondimenti, e oltre quindici anni di esperienza diretta sul campo, ha creato HCE, Human Connections Engineering, la disciplina che studia il modo in cui gli esseri umani comunicano, pensano e interagiscono, e ne decodifica gli schemi e i processi per poterli modificare o replicare. Per promuovere la ricerca nel campo delle interazioni umane ha fondato HCE Research Institute.

Tutte questo per divulgare l’importanza della scelta delle parole corrette da usare che possono letteralmente cambiare in maniera concreta la nostra vita. “L'importante è che le persone capiscano che le parole vanno scelte con cura perché influenzano i nostri comportamenti -racconta durante la nostra intervista - Citando George Lakoff -continua - stiamo attenti a quello che diciamo, perché in un modo o nell'altro diventa vero, quindi menzionare qualcosa ne rinforza la presenza. Parlare di una cosa la fa diventare vera nel cervello delle persone. Finché io non pronuncio la parola "elefante", le persone non ci pensano, ma appena inizio a parlarne ecco che l'animale viene visualizzato. Anche negare un frame ha l’effetto contrario: se io dico: "Non pensare ad un elefante", è la prima cosa a cui si pensa. Bisogna far attenzione alle negazioni e soprattutto privilegiare parole che producano nel cervello concetti che sono universalmente considerati come buoni. Queste si chiamano "Metafore incarnate" di cui Lakoff è uno dei maggiori esperti, e quindi esprimersi con parole cose che hanno a che fare con la luce, con il buono con il caldo con l'altezza. Nel cervello umano ad esempio, la parola “su” è collegata con l'idea di buono, mentre l'idea di “giù” è considerata negativa. Il concetto di Luce, e qui ancora una volta mi riporto ai primi studi di Lakoff, è positivo. Quello di Buio è negativo e così via. Già scegliere parole così, ti permette di stare meglio, di produrre un cocktail ormonale funzionale al raggiungimento dei tuoi risultati e di ispiare le persone”.

Si capovolge un po’ il concetto di “verba volant”, perché a questo punto, le parole hanno un peso reale nelle azioni delle persone…

“Esattamente. Molte persone sanno a livello intuitivo che le parole sono importanti, ma pochissimi comprendono quanto, nel senso che le parole creano letteralmente delle immagini nel nostro cervello e influenzano quindi la chimica del nostro corpo e addirittura modificano i nostri comportamenti e le nostre scelte. Quindi saper usare le parole in modo appropriato ci permette da un lato di stare molto meglio e dall'altro di influenzare in modo positivo le interazioni di cui siamo ogni giorno protagonisti, proprio perché la parola determina di fatto un cambiamento di comportamento”.

Ho letto che lei con l’uso corretto delle parole può modificare anche la scelta che noi facciamo su un prodotto al supermercato che fino a poco prima mai avremo pensato di acquistare...

“Quello del supermercato è uno degli esempi più noti. La maggioranza delle cose che funzionano sono quelle che non si vedono. Tornando alla domanda e all'esempio dei “motivatori”, e dei “guru del: ‘dai che ce la fai’” io prendo una posizione di distanza nettissima, perché tutto questo urlarsi incoraggiamenti produce un'incremento di apparente motivazione, che crea un po' di adrenalina e produce dopamina, ma poi non c'è un reale cambiamento nel cervello, e quindi si ha il precipitare di questi valori, con la conseguenza che la persona si sente peggio di prima. Queste sono modalità che si basano su dinamiche mentali sbagliate, servono come dire, ad “incantare la folla”, ma poi di fatto non producono alcun risultato. Le parole che funzionano di più sono quelle di cui non ci si accorge, quelle che si danno per "scontate" e che passano nel cervello umano influenzandoci senza che noi ce ne accorgiamo. Faccio un esempio per comprendere meglio la cosa: se una persona dice: ‘Non c'è da avere paura’, le persone non si accorgono che la parola detta, che magari voleva anche essere rassicurante, in realtà ha attivato nel cervello l'idea di paura, che stimola una determinata reazione fisica, ovvero la produzione di noradrenalina e cortisolo e le persone diventano nervose senza neanche sapere il perché. Oppure ancora, il modo in cui presentiamo le informazioni è una cosa che ci influenza moltissimo e noi non lo sappiamo. Se io dico "Preferiresti avere una persona brillante, simpatica, intelligente con un brutto carattere oppure una persona con un brutto carattere brillante, simpatica e intelligente, parlo della stessa persona, ma la maggior parte della gente sceglie la prima versione per un motivo che si chiama "priming" ed è di fatto il modo in cui si viene influenzati. Non ci si rende conto che c'è stata una manipolazione, ma di fatto è stata attuata”.

In base a quello che sta dicendo mi viene in mente la comunicazione durante l'emergenza Covid...

"Questo è un tema estremamente importante perché dal punto di vista della comunicazione, e in maniera assolutamente trasversale e apolitica, io su questo non ho sentito un politico comunicare correttamente. Come tutti ho ascoltato i discorsi che puntualmente si facevano, ma tra un: ‘Non cadere nel baratro’ e ‘Il governo non trama nell'ombra’ solo per fare qualche esempio, oppure “Non c'è nessun pericolo, non c'è nessun allarme" e dopo tre secondi tutte le persone erano in stazione a prendere il treno, c’è stato un uso veramente distorto delle parole che come nel caso dell’esodo da nord a sud hanno creato ‘reali’ conseguenze. Si può guardare anche quello che stanno facendo ora le istituzioni con l'applicazione "Immuni”. Se si pensa soltanto che l’hanno etichettata come "Applicazione per il tracciamento", ci si può rendere conto dell’errore. “Tracciamento” è una parola bruttissima, che chiaramente, anche senza che le persone lo sappiano, va ad attivare una serie di reazioni legate alla paura, soprattutto, a quella di essere tracciati e seguiti che è una paura diffusa e atavica. Chi mai vuol essere tracciato? Il modo in cui l'hanno presentata ha influito poi sul modo in cui le persone l'hanno recepita. Anche aver scritto "L'hanno scaricata ancora in pochi, solo quattro milioni di persone" è stata una comunicazione sbagliata. Il cervello umano funziona in questo modo: si basa su quello che fanno gli altri. Questa cosa si chiama "riprova sociale”, se una persona legge o sente che l'hanno scaricata in pochi allora non lo fa. E' importante ovviamente dire sempre la verità, ma bisogna farlo con le parole giuste perché sono quelle che possono cambiare la realtà. Se io dico: "Applicazioni immuni GIA’ quattro milioni di persone l'hanno scaricata, sono sempre quattro milioni però tra SOLO e GIA', io faccio scaricare l'applicazione e ho condizionando il pensiero e il comportamento cambiando solo tre lettere”.

Nei suoi libri tutti best seller come “La Parola magica” o “Il super senso” lei ha parlato del fatto che abbiamo tre "tipi" di cervello. Quali sono e come funzionano?

“E' una distinzione molto didattica, perché poi il cervello in realtà funziona con un flusso costante, non c'è una reale mappatura geografica. Al tempo stesso, si tratta di una distinzione didattica che funziona bene per spiegare il concetto. Abbiamo il cervello "rettile" che è il primo, quello più atavico, antico. Poi c'è il cervello "limbico" che è quello un po' più evoluto legato soprattutto alle emozioni, e infine c'è la neocorteccia che è quella che di solito si occupa di prendere le nostre ‘decisioni sbagliate’. Se vogliamo scherzarci su, è ‘quella che crede di essere ragionevole ma in realtà non lo è per niente’.

Come si fanno funzionare correttamente questi nostri “tre cervelli”?

“Io ho codificato le parole giuste da usare nelle corrette forme perché molto spesso le buone intenzioni di chi comunica, senza un'adeguata conoscenza, di come il cervello funziona, si traducono anche in effetti collaterali dannosi. Facendo un esempio e rimanendo sul tema Covid, una persona che è agitata si sente dire: "Non preoccuparti", oppure: "Stai tranquillo, vedrai che andrà tutto bene", anche se sembrano frasi di conforto, in realtà se il suo cervello rettile è impaurito, la frase detta in questo modo: “Stai tranquillo”, va a cozzare contro la realtà che lui vive in quel momento, e la persona entra in difensiva e aumenta la sua paura invece di tranquillizzarsi”.

Rispetto a quello che dice, sembra che noi esseri umani siamo molto complicati rispetto al nostro cervello...

“Il cervello, in effetti, funziona in maniera semplice, siamo noi che complichiamo abbastanza le cose: Il cervello purtroppo, e questo forse uno dei suoi "difetti", con la neocorteccia in particolare, tende a complicarsi cose che sono solitamente abbastanza semplici”.

Per quale motivo commettiamo questi errori di linguaggio?

“Di fatto i nostri comportamenti inconsci sono legati al tipo di "cattiva educazione" che abbiamo avuto. In questo momento io sto parlando e lo sto facendo in maniera inconscia, molto diversa da quella, sempre inconscia, con cui mi esprimevo venti anni fa. Il modo con cui ci esprimiamo, non è una cosa naturale, non è che nasciamo usando certe parole. Il bambino non ha l'istinto di dire: "Scusa se ti disturbo" quando parla con qualcuno al telefono, gli viene “insegnato” che quando parla disturba e quindi poi continua in quel modo nel corso della sua vita. Se invece viene gli viene detto che è buona educazione dire "Ciao, sei libero in questo momento?" è comunque stato educato, ma di fatto lo ha detto in modo corretto. Purtroppo a volte scambiamo il fatto di essere educati con qualcosa che poi ci si ritorce contro. Dedichiamo molto tempo a studiare cose che non servono molto nella vita, e molto poco a cose che invece ce la possono migliorare sia nel rapporto con noi stessi, ma anche e soprattutto da un punto di vista professionale”.

Parlando proprio a livello di professione, questa modalità sta prendendo piede. Quali sono i campi di applicazione che si sono più interessati alla forma del linguaggio corretto?

“Quello della vendita è sicuramente uno dei campi di cui mi occupo più spesso perché di fatto è quello in cui puoi misurare maggiormente il risultato. Io lavoro con le più grandi aziende del mondo e per loro cambio le parole che hanno sul sito, insegno a scrivere mail nel modo corretto o spiego approcci di vendita in modo diverso. Questo è il primo campo in cui le aziende investono, proprio perché il business è importante. Oltre a questo però sta prendendo piede, per fortuna, anche in medicina. Lavoro anche con le più grandi case farmaceutiche del mondo e la cosa bellissima è che finalmente si sta comprendendo che il farmaco funziona, ma tantissimo fa la comunicazione del medico”.

Il campo del business ha dietro un interesse economico che è poi quello di spingere le persone ad acquistare prodotti, ma perché secondo lei nella comunicazione non ci si è resi conto dell’importanza di questa cosa?

“La mia domanda è: “Non ci si è resi conto o si preferisce non farlo?" Perché la maggioranza della nostra classe politica, fa fatica a parlare in italiano corretto. Di fatto c'è un’ignoranza enorme e faccio fatica a pensare che le persone, che dovrebbero essere più evolute e più illuminate possano spiegare determinate cose a quelle che in loro ripongono fiducia. La scienza del linguaggio andrebbe insegnata a scuola, ma se io faccio comprendere il potere delle parole, il primo politico che poi parla, viene di fatto smentito.

Una persona che ha questo tipo di conoscenza, è meno “abbindolabile”, quindi non c'è molto interesse affinché le persone sappiano, perché poi banalmente si possono prendere meno in giro”.

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