Adesso scoppia il caso su pensioni d'invalidità

La Consulta dovrà pronunciarsi circa le contestazioni mosse dai giudici della sezione levoro della Corte d'Appello di Torino: a finire nel loro mirino l'articolo 12, primo comma, della legge del 1972 sugli invalidi civili e l'articolo 38, comma 4, della Legge finanziaria del 2002

Adesso scoppia il caso su pensioni d'invalidità

La sezione lavoro della Corte d'appello di Torino ha sollevato dei dubbi circa la legittimità costituzionale di due aspetti inerenti alcuni benefici riservati ai cittadini a cui sia stata accertata un'invalidità al 100% che impedisce loro di lavorare e pertanto di guadagnare e condurre un'esistenza dignitosa.

La Consulta sarà nello specifico chiamata a pronunciarsi, durante il prossimo martedì 23 giugno sull'articolo 12, primo comma, della legge del 1972 sugli invalidi civili e sull'articolo 38, comma 4, della Legge finanziaria del 2002.

Il primo dei due delicati punti che i giudici costituzionali dovranno valutare è quello relativo al riconoscimento della pensione di invalidità da versare ai mutilati ed agli invalidi civili di età superiore ai 18 anni per i quali sia stata ovviamente appurata, a seguito di una visita medico-sanitaria, un'inabilità lavorativa totale. L'articolo prevedeva il versamento di una cifra pari a 234mila lire annue da ripartire in 13 mensilità. La somma è stata innalzata con il tempo e con l'incremento del costo della vita, sia mediante provvedimenti legislativi specifici che con l'automatico adeguamento Istat.

Attualmente ad un invalido al 100% è riconosciuta una cifra di 285 euro mensili, ed è proprio questa ad essere finita nel mirino del giudice, dato che è ritenuta insufficiente per garantire un dignitoso tenore di vita e contrasta pertanto con quanto stabilito dall'articolo 38, primo comma, della Costituzione. L'importo di 285,99 euro mensili, da riconoscere in 13 mensilità, è stato definito "insufficiente a garantire il soddisfacimento delle elementari esigenze di vita" dal giudice della sezione lavoro della Corte d'Appello di Torino, come riportato da Repubblica.

È stata inoltre rilevato un possibile contrasto con il contenuto dell'articolo 3 della Costituzione, a causa della "violazione del principio di uguaglianza, ponendo a confronto l'importo della pensione di inabilità, corrisposta agli inabili a lavoro di età compresa tra i 18 e i 65 anni, e l'importo dell'assegno sociale corrisposto ai cittadini di età superiore a 66 anni in possesso di determinati requisiti reddituali, meno favorevoli di quelli di riferimento per il riconoscimento della pensione di inabilità". Viene ritenuto quindi ingiusto che l'invalido civile riceva meno benefici rispetto a quanto riconosciuto economicamente ai destinatari dell'assegno sociale, avendo il giudice stabilitio la sostanziale similitudine tra le due condizioni.

Il secondo punto che viene contestato è quello relativo all'incremento di benefici riconosciuto a determinate condizioni di reddito per invalidi civili titolari di pensione e di età superiore ai 60 anni.

Una scelta definita "irragionevole", che si scontra con quanto stabiito dagli articoli 3 e 38 della Costituzione italiana, escludendo di fatto "quegli invalidi civili che, anteriormente al compimento del sessantesimo anno di età, si trovano in condizioni di gravissima disabilità e privi della benchè minima capacità di guadagno".

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