Economia

I giudici 'abbattono' quota 100. Una vera bomba sulle pensioni

I magistrati contabili invitano l’Inps a verificare la spesa che comporta questa misura di pensione anticipata. Intanto, il governo lavora al suo superamento

I giudici 'abbattono' quota 100. Una vera bomba sulle pensioni

Occhio al debito, verrebbe da dire. La Corte dei Conti bacchetta il governo sulla spesa che Quota 100 comporta. Quella misura di pensione anticipata che grava sulle casse dello Stato e che probabilmente andrà a morire, una volta arrivata a scadenza naturale. Il governo, intanto, è al lavoro per riformare il sistema. Al tavolo guidato dal ministero del Lavoro, che si riunirà venerdì, sono al vaglio alcune ipotesi per rendere più sostenibile il sistema previdenziale.

Tra le opzioni sotto esame c’è anche la "doppia flessibilità in uscita". L’ipotesi prevede il pensionamento anticipato di chi svolge lavori gravosi o usuranti a 62 (o 63) anni con 36-37 anni di contributi con penalizzazioni modeste, tenendo comunque in piedi le opzioni alternative dell’Ape sociale in versione potenziata e strutturale. Per gli altri lavoratori la soglia minima di uscita verrebbe fissata a 64 anni d’età (63 anni sarebbe invece la soglia minima su cui i sindacati cercano di trattare) e almeno 37 (o 38) anni di contribuzione. La penalizzazione, in questo caso, consisterebbe nel metodo di calcolo contributivo del trattamento (escludendo così la parte retributiva per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996) e che sarebbe stimato in una decurtazione del 2,8-3% per ogni anno d'anticipo rispetto ai 67 anni.

I sindacati preferirebbero Quota 41 per tutti i lavoratori, ossia l’uscita automatica con 41 anni di contributi che però costerebbe circa 12 miliardi, ben più degli 8 miliardi circa stanziati annualmente per Quota 100. Considerando anche Ape social e Opzione Donna la spesa per il capitolo della riforma pensionistica nel 2022 potrebbe attestarsi attorno ai 5-6 miliardi di euro complessivi.

Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha spiegato recentemente di non amare Quota 100. Misura che invece sta a cuore a milioni di italiani che rivendicano il diritto di andare in pensione dopo oltre trent’anni di lavoro. "Non è stata, secondo me, un utilizzo saggio delle risorse che sono state concentrate su una platea molto ristretta. Fortunatamente è costata meno del previsto", ha ribadito il ministro.

Ma torniamo alle parole della Corte dei Conti. "In un sistema pensionistico a ripartizione, in cui la maturazione del diritto a pensione prescinde dal regolare versamento dei contributi nel corso della vita lavorativa, va verificata la sostenibilità della spesa nel lungo periodo e gli effetti che sulla adeguatezza delle prestazioni produrranno le azioni normative poste in essere nel presente". Questo è il giudizio dei magistrati contabili nella Relazione sulla gestione finanziaria dell’Inps relativamente alle previsioni di spesa nel triennio su cui influisce l’aumento degli accessi al pensionamento anticipato riconducibile a Quota 100. "Vanno altresì considerate le conseguenze di dette azioni sulla sostenibilità del modello da parte del sistema produttivo, sia con riguardo al contributo richiesto alla fiscalità generale, che nei confronti dei soggetti tenuti al versamento della contribuzione", si legge ancora.

"In un sistema previdenziale che eroga gran parte delle prestazioni a elevata componente retributiva, peraltro, misure ampliative della spesa attraverso l’anticipo dell’età di pensionamento rispetto a quella ritenuta congrua con l’equilibrio attuariale e intergenerazionale, il blocco dell’indicizzazione dell’età di uscita dal lavoro alla speranza di vita e la reintroduzione del sistema delle finestre, comportano sia esigenze di cassa immediate (tipiche, come detto, di un meccanismo a ripartizione), sia debito implicito, in quanto la componente retributiva del trattamento non viene corretta per tener conto della maggiore durata della prestazione".

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