Si è tenuto il primo incontro tra governo e sindacati per affrontare la spinosa tematica riguardante le pensioni dei precari, con la la rimodulazione della legge Fornero al centro del tavolo.
Lo scorso 27 gennaio erano stati fissati dei paletti ben precisi al fine di mettere a punto i passaggi di una trattativa lunga e complicata. È difficile accontentare tutti per un motivo molto semplice: le risorse a disposizione sono limitate.
Innanzitutto è necessario superare Quota 100, in scadenza al termine del prossimo anno. E senza una corretta riformulazione, molti contribuenti – chi non farà in tempo a sfruttare la finestra - rischiano di dover fare i conti con uno "scalone" di cinque anni prima di lasciare il servizio e dedicarsi alla meritata pensione. È pur vero che superare la legge Fornero in modo netto, con anticipi pensionistici e uno stop secco agli adeguamenti e alle speranze di vita, potrebbe porre diversi problemi.
Oltre alla flessibilità bisogna considerare anche altri problemi. In particolare, i discorsi al centro della contesa vertono su giovani, donne, previdenza integrativa e meccanismi di rivalutazione. I riflettori saranno puntati sulle pensioni dei giovani, che in molti casi, a causa di carriere discontinue e calcolo interamente contributivo, corrono l'eventualità di maturare vitalizi bassi se non irrisori. Ecco perché nell'incontro si è parlato del cosiddetto "assegno di garanzia".
L'assegno di garanzia
A utilizzare questo termine è stato il segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra. Le sue parole, al termine del vertice, sono state chiare: “Bisogna stabilire un livello minimo da far crescere in proporzione al numero di anni lavorati. Non si tratta di fare assistenza ma di riconoscere adeguatezza ad un sistema pensionistico per i giovani che riconosca anche i periodi di discontinuità lavorativa, la disoccupazione involontaria, gli sforzi attivi di formazione e riqualificazione, le fasi di bassa retribuzione, l’impegno per il lavoro di cura rivolto alle famiglie e verso le persone non autosufficienti in considerazione dell’esigenza di riconoscere previdenzialmente anche il lavoro di cura”.
È stata fissata una soglia a 780 euro, che corrisponde all'attuale pensione di cittadinanza. In generale, l'obiettivo dei sindacati (Cgil, Cisl e Uil) è quello di garantire a chi è entrato nel mondo del lavoro dopo il '96, con un sistema totalmente contributivo, di poter usufruire di un assegno integrato da una contribuzione figurativa. Certo è che le proposte dovranno prima superare il parere di una Commissione di esperti nominata ad hoc dal ministero.
Approfondendo la questione arriviamo presto a un nodo non da poco: quello dell’equità. Risulterà quindi fondamentale escludere qualsiasi strumento assistenziale per non danneggiare le altre categorie di pensionati e basare il "ricalcolo" dell’assegno sui contributi effettivamente versati.
Seguendo questa impostazione, la contribuzione figurativa sarà utile per fissare i parametri con cui scegliere, dai 62 anni in poi, se e quando andare in pensione.
In linea teorica con 40 anni di permanenza attiva - seppur precaria - nel mercato del lavoro il ricalcolo dovrebbe assicurare un assegno da almeno 1.000 euro al mese. In ogni caso, ipotesi e risorse dovranno essere appositamente verificate. L'ultima parola, come detto, sarà quella della Commissione di esperti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.