La Russia e l'Arabia Saudita avrebbero raggiunto un'intesa su un congelamento della produzione petrolifera nonostante le tensioni con l'Iran. È questa notizia a sostenere i prezzi del greggio in vista della tanto attesa riunione prevista domenica prossima a Doha (Qatar) tra i Paesi membri dell'Opec - di cui Riad è il leader di fatto - e quelli che invece non ne fanno parte come Mosca. Almeno 15 nazioni che generano il 75% della produzione mondiale siederanno attorno a un tavolo. «Speriamo che un accordo possa essere raggiunto nonostante la turbolenza e i disaccordi tra l'Arabia Saudita e l'Iran», dice Vladimir Voronkov, rappresentante del Cremlino all'Opec citato dall'agenzia di stampa russa Interfax.
Teheran ha sempre sostenuto che non è pronta a un congelamento, volendo portare i suoi livelli produttivi laddove si trovavano prima dell'imposizione di sanzioni occidentali (poi rimosse a inizio 2016 con l'implementazione dell'accordo storico sul nucleare raggiunto l'estate scorsa tra la nazione mediorientale e le principali potenze mondiali).
È dal 16 febbraio che il mercato sente parlare di un congelamento della produzione: in quel giorno Arabia Saudita, Russia, Venezuela e Qatar dissero di avere raggiunto un'intesa di principio subordinata all'adesione di tutti gli altri Paesi. Inizialmente Riad aveva aperto alla possibilità che Teheran ne fosse esclusa, salvo poi cambiare idea. Resta inoltre da vedere se e in quale misura i componenti del Cartello che aderiranno all'accordo rispetteranno il proposito di riportare l'output ai livelli di inizio anno. La quota ufficiale di 30 milioni di barili al giorno, peraltro, non è mai stata rispettata.
Anche se le dichiarazioni di Voronkov hanno ieri sostenuto i prezzi del greggio, con il Wti maggio in rialzo di oltre il 3% a 41,7 dollari, gli analisti restano comunque scettici che una soluzione simile possa cambiare i fondamentali, visto che le scorte mondiali in eccesso non calerebbero a fronte di livelli produttivi che sono già ai massimi in Russia e Arabia Saudita. Anche Mosca, costretta a fare i conti con una severa recessione e con l'iper svalutazione del rublo in seguito alla picchiata dei prezzi del barile, non sembra molto convinta sulla possibilità di una ripresa sostenuta delle quotazioni del greggio. Il prezzo del petrolio è «improbabile» che possa essere «alto» nel breve periodo, ha detto il ministro per l'Energia russo Aleksander Novak.
«Nel 2017-18 - ha aggiunto - il greggio potrebbe arrivare a 60-65 dollari al barile». Lo stesso Novack aveva precisato nei giorni scorsi che la produzione petrolifera russa è destinata a restare invariata nel 2017 a 537 milioni di tonnellate.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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