«Pomigliano? Folclore locale Nessuno investe più in Italia»

«Pomigliano? Folclore locale Nessuno investe più in Italia»

Per la prima volta Sergio Marchionne ha commentato la decisione del tribunale di Roma che obbliga la Fiat a reintegrare nello stabilimento di Pomigliano d’Arco 145 dipendenti iscritti alla Fiom. Lo ha fatto dalla Cina, dove la casa automobilistica italiana ha inaugurato uno stabilimento, e la prospettiva, da lontano, può aver aumentato alcuni stridori del nostro sistema: le norme italiane - ha detto l’ad della Fiat - sono «folcloristicamente locali» e «non esistono altrove nel mondo». «Le implicazioni di questa decisione sulla situazione del business italiano sono abbastanza drastiche, perchè tutto diventa tipicamente italiano e quindi molto difficile da gestire. Nei miei viaggi in Usa, in Cina o altrove non vedo nessuno veramente interessato a investire in Italia». La Fiat, ha annunciato, «farà ricorso», ma «rispetterà la decisione del tribunale come ha sempre fatto».
Ieri la Fiat a Changsha, nella Cina meridionale, ha presentato il nuovo stabilimento da 730mila metri quadrati che produrrà la Fiat Viaggio, modello appositamente studiato per il mercato cinese e sviluppato con il partner locale Guangzhou automobile group. L’accordo con il sesto produttore automobilistico cinese è stato firmato nel marzo del 2010 e ha comportato un investimento di 5 miliardi di yuan (circa 641 milioni di euro). L’espansione sul mercato cinese finora non aveva avuto fortuna e Marchionne ha ammesso le proprie responsabilità: «Il ritardo con il quale siamo venuti in Cina è colpa mia - ha detto -. Sono venuto nel 2004 ma non sono riuscito a trovare la strada per ripartire». Allora era stata portata «una struttura antiquata, che produceva modelli non in linea con il mercato. Oggi portiamo in Cina la struttura produttiva più avanzata che abbiamo», contando sul fatto che «il mercato cinese è ancora interessante», sebbene «più competitivo e più complesso». I progetti sono tanti. Proprio grazie agli standard internazionali degli impianti, tipici delle linee Fiat-Chrysler, «la fabbrica potrebbe produrre in futuro anche per l’esportazione in Europa» e la Cina, dopo gli Stati Uniti, sarà la nuova tappa del rilancio per il marchio Alfa Romeo.
Qualcuno ha chiesto a Marchionne quale sia il salario degli operai nella fabbrica di Changsha, e ma la risposta è stata «personalmente non lo so, ma il rapporto con i salari degli operai in Italia è di 1 a 4,5, 1 a 5». Secondo l’Ansa, che ha svolto una rapida indagine, un operaio assunto nella fabbrica Fiat-Gac percepisce una retribuzione mensile di 2.160 yuan, circa 275 euro, mentre un impiegato arriva a 3mila yuan, poco più di 380 euro.
La Fiat, intanto, sta rafforzando la sua presenza negli Stati Uniti. Di ieri la notizia che la sua quota nel capitale della Chrysler salirà di un altro 3,3%, passando dal 58,5% al 61,8%. La cifra che Fiat si appresta a pagare non è nota, ma secondo il Wall Street Journal dovrebbe aggirarsi tra i 250 e i 300 milioni di dollari.

Il resto del capitale è detenuto dal fondo pensioni Veba: il Lingotto potrà rilevare ogni sei mesi entro il 30 giugno 2016 una parte di questa partecipazione. Marchionne ieri ha detto anche di vedere «la concreta possibilità che l’euro imploda».

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