«Io non sono mai stato consigliere di Rcs». Il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo e componente del patto di Via Solferino, Giovanni Bazoli, per una volta ha fatto un'eccezione e ha consegnato a Repubblica (e non come di tradizione al Corriere) le sue riflessioni e le sue repliche agli attacchi di Diego Della Valle.
Come sosteneva Marshall McLuhan «il mezzo è il messaggio». La scelta del concorrente numero uno del Corriere fa capire a tutto l'establishment antitetico ai cosiddetti «salotti buoni» che il destino di Rcs non potrà a breve sciogliersi da quello di coloro che negli ultimi trent'anni si sono adoperati perché il gruppo editoriale restasse in vita. E, dunque, più che una risposta piccata a Mister Tod's, che l'aveva accusato di essere «il maggior responsabile della crisi aziendale», le parole di Bazoli sono un monito anche per chi come il finanziere franco-tunisino e consigliere di Mediobanca, Tarak Ben Ammar, aveva individuato proprio in Della Valle l'alternativa all'assetto di potere che si è consolidato in Via Solferino con Fiat al 20,5 per cento.
Bazoli non è mai stato in cda a differenza di Della Valle, ricorda il presidente nel colloquio, che fu componente del board ai tempi della defenestrazione di Vittorio Colao e dell'ok all'acquisto della spagnola Recoletos per 1,1 miliardi, origine delle difficoltà del gruppo. Quindi, se Rcs ora soffre la crisi, anche Della Valle non può chiamarsi fuori. Soprattutto se uno dei suoi principali interlocutori è sempre stato il professor Bazoli che, non solo intercesse in favore dello svincolo della sua quota dal patto, ma che fu interpellato da Della Valle stesso in occasione del recente aumento.
Ed è proprio su questi due capitoli che il presidente del cds di Intesa Sanpaolo ha voluto far «pesare» la sua esperienza. In primo luogo, ha ricordato di «essersi adoperato affinché nessuno degli azionisti, compresi quelli fuori patto, fosse emarginato». In seconda istanza, ha reso noto che la malattia di Giuseppe Rotelli ha impedito di individuare in lui «l'azionista di riferimento». Ne consegue che l'accresciuto ruolo di Fiat in Rcs ha un carattere, sì di «stabilizzazione», ma interlocutorio (tant'è vero che Bazoli si è speso senza successo per riannodare le fila di un «patto leggero»). Ecco perché eventuali fughe in avanti di azionisti intenzionati a uscire dalla compagine societaria (come Fonsai e come Mediobanca che oggi in assemblea potrebbe fornire ulteriori indicazioni) potrebbero non determinare automaticamente un accrescimento della quota di Diego Della Valle. Un imprenditore che, secondo Bazoli, avrebbe potuto far fallire Rcs con il suo tentativo di opposizione all'aumento che rappresentava il presupposto per la continuità aziendale.
Analogamente, l'ad Pietro Scott Jovane - scelto da un headhunter, ma con l'imprimatur di John Elkann - sarà chiamato a portare risultati certi. Questo Bazoli non l'ha detto chiaramente a Repubblica, ma si comprende comunque che la sua epoca è di là dal concludersi.
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