Psa punta ad acquisire Opel. I negoziati con Gm, che dal 1929 controlla la Casa di Rüsselsheim, sono in corso e un annuncio potrebbe arrivare a giorni. General Motors e Psa, in verità, sono già legate da una collaborazione industriale (producono a Saragozza e Vigo, in Spagna, e a Sochaux, in Francia) dopo un breve periodo in cui il gruppo Usa era entrato con il 7% nell'azionariato francese. Tutto andrebbe verso una fusione tra Psa (Peugeot, Citroën e Ds) e Opel-Vauxhall. Le nozze porterebbero Psa, gruppo uscito da una profonda crisi, ad aumentare la propria massa critica. Gm, da parte sua, dopo Russia e Australia abbandonerebbe anche il mercato europeo per concentrarsi sulla aree a maggiore redditività. Su Opel, nel 2009, anno in cui era prossima al fallimento, aveva messo gli occhi anche l'allora Fiat, ma dopo una lunga trattativa - anche per ragioni politiche - Gm decise di riscommettere sulla società tedesca. Le attività europee del colosso Usa hanno però continuato a segnare rosso, anche se in presenza di miglioramenti. E il pareggio previsto nel 2016 è naufragato a causa dell'impatto della Brexit sui conti (300 milioni). A giocare contro, poi, è anche la mancata saturazione della capacità produttiva di Opel in Europa, ferma al 63% rispetto a una media superiore al 70%. Psa, invece, sotto la guida di Carlos Tavares e le nuove strategie adottate, incluso lo snellimento del gruppo, ha ripreso a macinare utili: 1,2 miliardi nel 2015 (i dati 2016 si conosceranno il 23 febbraio). Nuovo è anche l'assetto azionario, con l'ingresso dell'Eliseo e del socio cinese Dongfeng, entrambi con il 14%, al fianco della famiglia Peugeot, con la stessa quota. Insieme, Psa (3,15 milioni di veicoli venduti nel 2016) e Opel-Vauxhall (1,2 milioni) rappresenterebbero il 16% del mercato europeo, rispetto al 24,1% del Gruppo Volkswagen, leader incontrastato. Sugli esiti dell'ipotetica fusione i pareri sono discordi: c'è chi parla di soluzione perfetta, ma anche chi intravede il rischio di forti sovrapposizioni e una presenza debole o assente là dove il mercato è in crescita. Un nuovo gruppo, quindi, ancora troppo focalizzato sull'Europa ed esposto a un'inevitabile ulteriore razionalizzazione degli impianti. L'allarme, in proposito, è già suonato a Berlino. Preoccupazione è stata espressa dal ministro dell'Economia, Brigitte Zypries, colta in contropiede. Le Borse hanno comunque risposto bene. Di riflesso anche il titolo Fca (+4,14% a 10,81 euro). Il mercato vede la scelta di Gm di liberarsi di Opel come la chance per Fca per ritornare a bussare alla porta del gruppo guidato da Mary Barra. Sovrapposizioni da gestire, in quel caso, esisterebbero solo in Usa e Sud America, ma non in Europa e nell'Asia-Pacifico (in Cina, alla forza di Gm si unirebbe quella di Jeep).
Il rovescio della medaglia, però, riguarda la strategia adottata da Mary Barra, concentrata sempre più sui margini, sulla qualità delle vendite e sulla volontà di far risalire le azioni a Wall Street (da qui la scelta di rinunciare alla «zavorra» Europa), piuttosto che a rimanere un gigante. Una filosofia che si scontra con quella di Sergio Marchionne, il quale sogna di inserire Fiat Chrysler Automobiles in un mega-gruppo mondiale.
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