Sono quattro i fondi che fino ad ora hanno mostrato un interesse più concreto per Bim, l'ex salotto della finanza torinese, finito nella «bad bank» nata nell'ambito del piano di salvataggio che cha onsegnato la sola parte «sana» della controllante Veneto Banca e di Popolare Vicenza a Intesa Sanpaolo per il corrispettivo simbolico di un euro. Bim, che è quotata in Piazza Affari (-3,9% a 1,27 euro la chiusura del titolo venerdì scorso per una capitalizzazione prossima a 205 milioni), non fa infatti parte degli asset rilevati dall'istituto guidato dall'ad Carlo Messina. Alla data room aperta nelle scorse settimane hanno avuto accesso Warburg, Jc Flowers, Attestor e Barents Re, che hanno presentato delle offerte non vincolanti. Entro martedì prossimo, invece, sono attese le proposte definitive: tutti e quattro i fondi dovrebbero comunque farsi avanti. A quel punto la parola passerà ai commissari della bad bank in liquidazione - l'ex amministratore delegato Fabrizio Viola, Alessandro Leproux e Giuliana Scognamiglio - che decideranno a chi vendere Bim, salvo parere positivo di Bankitalia e della Vigilanza unica europea. Una decisione è attesa per metà settembre: sono comunque dati per favoriti Warburg e Attestor.
Ieri si è intanto alzato l'allarme del presidente di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani, contro l'avanzata dei fondi di
investimento nel libro soci delle banca cooperative: «Se andiamo avanti così -attacca Sforza Fogliani - tra poco ci saranno solo 4-5 grosse banche in Italia, creando un oligopolio di fatto che investirà dove fa più comodo».
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