Il 95% delle imprese italiane rientra nella categoria delle piccole. Sono dati dell'Istat. Ciò significa che il sistema imprenditoriale italiano poggia su questa realtà. Troppo spesso ce ne dimentichiamo. E, infatti, la politica non si occupa dei piccoli imprenditori. Forse perché preferisce seguire dotte analisi nelle quali si emettono sentenze inoppugnabili: le piccole imprese sono strutturalmente poco produttive. Vale a dire, non all'altezza di poter promuovere processi commerciali al passo con la globalizzazione. A leggere quei documenti si scopre che l'Italia è vittima di una sorta di nanismo industriale.
Trovo tali riflessioni del tutto ingenerose e francamente un po' sospette. È come voler definitivamente chiudere i conti con la storia di questo Paese. Lasciando le piccole imprese al loro destino. Musica per le orecchie della politica che nulla fa per avviare piani industriali che tengano conto delle esigenze dei Brambilla. Quasi giustificata nel proprio agire miope. Che il piccolo imprenditore debba stare al passo con la sfida della contemporaneità è fuor di dubbio. Che riorganizzi la propria impresa secondi criteri di managerialità è un passaggio necessario quanto strategico. Ma che l'Italia possa fare a meno di quel 95% del suo sistema produttivo è quanto meno azzardato. Una mossa scriteriata destinata solo a confermare il declino del nostro Paese. Il Brambilla che per me è un gigante! deve essere messo nelle condizioni di poter continuare a svolgere nel migliore dei modi il suo mestiere. Altro che nanismo industriale. Urgono decisori pubblici che sappiano tornare a vedere la ricchezza dell'Italia che lavora.
Che vadano sui territori a respirare la realtà dei nostri distretti industriali. Non vi è altra possibilità affinché si adottino piani di sviluppo coerenti con la nobile storia delle piccole imprese italiane.www.pompeolocatelli.it
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