Economia

Cosa sono Great resignation e Quiet quitting

Una ricerca Inps registra grazie ai numeri le nuove aspettative professionali post-Covid degli italiani. Ora occorre che il mondo del lavoro capisca il cambiamento in atto

Cosa sono Great resignation e Quiet quitting

Il Covid non ha lasciato soltanto postumi fisici. Lo evidenzia uno studio condotto dall’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps) individuando due atteggiamenti che hanno interessato in massa i lavoratori italiani.

Il primo è quello delle “grandi dimissioni”, il secondo quello del “Quiet quitting”. Il Covid, insomma, ha stravolto abitudini e priorità. Si tratta di una riconfigurazione degli obiettivi di ogni singolo individuo, una fase che sembra quasi obbligatoria e che aiuta a scongiurare le ricadute psicologiche di cui la pandemia ha lastricato la collettività.

Le grandi dimissioni

Dall’inizio della pandemia il numero di lavoratori fino a 40 anni che ha deciso di rassegnare le dimissioni è aumentato del 26%, racconta Repubblica.it. Si tratta di un fenomeno che, seppure in modo meno marcato, interessa anche altre fasce di età e che, in totale, ha portato a oltre un milione il numero di dimissionari volontari.

Un dato che alcuni media hanno inteso non correttamente, limitandosi a sostenere che si tratta di un incremento del 31% rispetto agli anni precedenti senza tenere conto che a partire dal 2020, complice la pandemia, si è in parte fermato il mondo del lavoro e, con esso, anche le normali fluttuazioni degli impieghi. Nei primi mesi del 2022, di fatto, le dimissioni sono sembrate un fenomeno di massa perché sono state la somma delle dimissioni congelate nel 2020 e nel 2021. Ma – al di là dei numeri – la questione resta attuale: il Covid ha fatto riscoprire il sapore della conciliazione tra vita privata e famigliare, suggerendo ai cittadini che esistono priorità diverse.

Il Quiet quitting

Oggi i lavoratori cercano qualcosa di diverso, vogliono restare lontani dagli eccessi di stress e – complice lo Smart working, vogliono prendere le distanze dalla connessione all’ufficio 24 ore al giorno per 7 giorni la settimana. Una situazione che non sembra essere soltanto transitoria, come dicono a Sky Tg24 diversi professionisti della ricerca del personale.

Stanno cambiano valori e priorità: il lavoro è importante ma non può assorbire gli impegni privati e non deve sconvolgere gli equilibri famigliari.

Il lavoro, secondo le norme del Quiet quitting (un fenomeno non soltanto italiano) deve assumere una certa flessibilità e il dialogo con i superiori deve invogliare la vita professionale. Proviamo a riassumere il concetto in una frase: “Lavorare il giusto, assumersi responsabilità e non guardare l’orologio per sapere quanto manca alla fine della giornata”. Non è mancanza di voglia di lavorare, è voglia di lavorare in modo più responsabile e quindi autonomo, in un ambiente che valuta le capacità dei singoli e ripone fiducia in loro.

Il mondo del lavoro

Ora la palla passa ai datori di lavoro, chiamati ad ascoltare la voce dei dipendenti. Lo Smart working ha dato il via, ora occorre creare una filosofia di management e di controllo della produttività che non sia quello applicato al lavoro in presenza, dove può vigere una sensazione compulsiva di asfissiante supervisione da parte dei superiori.

Meno asfissia, sostiene il Quiet quitting, permette a ognuno di esprimere al meglio i propri talenti.

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