«Sottoscriverò l'aumento per la quota di mia competenza e, qualora le intenzioni fossero confermate, sono pronto a prendere tutto l'inoptato che gli altri soci, soprattutto le banche, non hanno voglia di tenere in casa». Con una conferenza stampa a sorpresa, Diego Della Valle ha svelato le proprie contromosse su Rcs.
Il presidente di Tod's ha sottolineato di aver contattato nelle ultime ore tutti i soci più importanti, tranne la Fiat. Vi sarebbe convergenza sullo scioglimento del patto di sindacato e sulla rivisitazione del piano industriale e della governance con un nuovo cda che rispecchi gli equilibri post-aumento. «C'è un positivo interesse tra tutti noi nell'andare in quella direzione», ha precisato. Lo scopo della comunicazione è proprio questo: far comprendere a tutti che dalle discussioni con Giovanni Bazoli, Alberto Nagel e anche con l'ad di Intesa, Enrico Tomaso Cucchiani (non a caso ieri ha detto che «Della Valle è un azionista apprezzato»), può nascere, nel rispetto delle regole, un nuovo assetto.
«Auspico che ci siano 4-5 azionisti attorno al 10% che gestiscano l'azienda in base alle proprie competenze di mercato, senza avere accordi», ha detto pur sottolineando che se le banche si ritroveranno in mano, dopo l'asta dei diritti, più del 20% del capitale, potrebbe portare il suo attuale 8,8 «oltre il 20%». Mister Tod's non ha specificato se uno di quei nomi in futuro potrebbe essere Rupert Murdoch. Analogamente, non ha chiarificato se vi sarà una destinazione diversa dei proventi della ricapitalizzazione da 421 milioni.
Il convitato di pietra era il presidente di Fiat, John Elkann. Quella mossa spiazzante, l'acquisto di diritti per portare il Lingotto al 20,135%, ha cambiato le carte in tavola. «Ho trovato strano che qualcuno abbia comprato 110mila euro di diritti e poi ne abbia parlato con il capo dello Stato, mi è sembrata una strumentalizzazione, una sceneggiata», ha chiosato amaramente. Perché - è il retropensiero di Della Valle - «è un fatto storico che certi gruppi abbiano l'abitudine di usare la stampa» per perseguire i propri interessi, «sono vecchie abitudini che anche i giovani hanno imparato».
Una stilettata a Elkann, ma anche un appello agli altri soci forti attualmente nel patto. «Se le cose non accadono, significa che abbiamo perso tempo, qualcuno avrà fatto il gioco delle tre carte per lasciare le cose come stanno», ha sottolineato. Insomma, se al termine dell'aumento non si avvia quella riflessione ipotizzata, vorra dire che tutti i pattisti (ieri Mediobanca e Pirelli hanno comunicato di aver esercitato i propri diritti attestandosi al 15,3% e al 5,3% rispettivamente) hanno preferito lo status quo che attualmente governa il Corriere. E che ha portato chi stava fuori dal patto a uscire con forti minusvalenze: Rotelli e Benetton in primis.
«Speriamo che non ci sia una battaglia», ha detto Della Valle, pronto a voltare pagina. Anzi, ha fatto di più, ha voluto smentire le voci che lo hanno sempre indicato come ostile all'attuale ad Pietro Scott Jovane.
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