Il re del mattone fa crac. La Cina teme un'altra crisi

Country Garden Holdings blocca la quotazione di 11 bond. A rischio anche Zhongrong Trust

Il re del mattone fa crac. La Cina teme un'altra crisi
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Another crack in the wall. Dopo secoli, la Grande muraglia appare ben più solida del settore immobiliare cinese, quello che ancora non molto tempo fa doveva traghettare un intero popolo verso le sponde del capitalismo, seppur in salsa autoritaria. A partire dai disastri di Evergrande, il mattone si è invece accartocciato come cartapesta, in una parabola discendente che sta mettendo a repentaglio la già lenta ripresa cinese fino al punto da compromettere l'obiettivo del governo di una crescita economica del 5% quest'anno.

A preoccupare sono ora gli affanni di Country Garden Holdings, crollata ieri alla Borsa di Hong Kong di oltre il 18% dopo aver accumulato perdite attorno al 40% da inizio anno. Una valanga, non ancora arrivata a valle, passata a mo' di bulldozer non solo sui soci ma anche sul patrimonio della presidente Yang Huiyan, la cui fortuna si è ridotta a 5,5 miliardi di dollari dal picco di 28,6 miliardi. A mettere in fuga gli investitori è stata la mossa con cui il primo sviluppatore immobiliare cinese ha bloccato le contrattazioni di 11 bond onshore. Una scelta disperata sintomo di gravissime difficoltà. Che il colosso stia patendo una sindrome da asfissia finanziaria si era già capito la scorsa settimana, quando Moody's ne aveva ghigliottinato il rating causa «accresciuti rischi di liquidità e rifinanziamento» e le scadenze di due cedole legate a bond denominati in dollari non erano state onorate. Fra meno di 30 giorni scadrà il periodo di grazia concesso per evitare la bancarotta, ma in assenza di un intervento pubblico assai sostanzioso - evento tutt'altro che probabile - il peggio sarà inevitabile. A complicare il quadro c'è anche Zhongrong International Trust. La controllata da Zhongzhi Enterprise Group è stata accusata da due società cinesi quotate di aver mancato il rimborso di capitali e interessi salla scadenza di prodotti d'investimento collocati sul mercato.

A trascinare Cgh nella sabbie mobili della bancarotta, prosciugando riserve che ai tempi della pandemia l'avevano tenuta in piedi (Evergrande ha perso oltre otto miliardi di dollari nel biennio 2021-22), sono stati due fenomeni: il crollo delle vendite di case e l'aumento dei costi di rifinanziamento. Una spirale negativa che prosegue. Basta dare un occhio ai prestiti bancari in valuta locale, crollati fra giugno e luglio di quasi il 90%. Famiglie e imprese sono in trincea: nessuno se la sente di rischiare, anche a causa del peggioramento delle tensioni geopolitiche. Si tratta di una situazione di assoluta gravità che inquieta i mercati, poiché Country Garden è una Evergrande elevata alla massima potenza: 3mila progetti abitativi concentrati nei centri più piccoli, 70mila dipendenti, ma soprattutto 190 miliardi di dollari di debiti e perdite semestrali che potrebbero arrivare fino a 7,6 miliardi.

Se nella definizione tranchant di Joe Biden l'ex Impero Celeste è «una bomba a orologeria», il gigante del real estate ne è la potenziale miccia di innesco per il possibile effetto contagio. In prima battuta su acquirenti di case e banche nazionali; poi sulle prospettive economiche della Cina; e infine, forse, anche sulla ripresa globale.

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