«Siamo in ottimi rapporti con la Libia» e «non penso che aumenteranno la propria quota» anche perché ora hanno «altre priorità». Così parlava il presidente di Unicredit, Giuseppe Vita, il 14 maggio 2015 a margine dell'assemblea della banca. Vita era reduce dall'incontro con i vertici della Banca Centrale Libica e della Libyan Investment Authority (Lia) che sono entrambe azioniste con rispettivamente il 2,95% e l'1,27% del capitale.
Il problema è che le priorità - di cui parlava Vita due anni fa - sono cambiate sia per la Libia, che è tornata sull'orlo della guerra civile e deve fare i conti con l'Isis «in casa», sia per Unicredit che sta per varare un maxi aumento da 13 miliardi.
Cosa faranno i libici? Resteranno nel capitale della banca italiana aderendo pro quota all'aumento? Alcuni osservatori interpellati dal Giornale scommettono sulla partecipazione della banca centrale libica mentre vedono ancora come una grande incognita le mosse di Lia. «Già prendere una decisione non sarà facile perché l'instabilità del Paese si riflette su quella delle poltrone di comando del fondo», commenta una fonte, ricordando che l'interlocutore non è unico.
Da una parte ci sono i rappresentanti del governo di Tobruk dall'altra la fazione vicina a Fayez Al Serraj, il premier del governo di unità nazionale libico insediatosi lo scorso marzo a Tripoli.
Nell'agosto 2016 Serraj ha nominato un «comitato direttivo ad interim» per Lia, con presidente Ali Mahmoud Hassan Mohamed al posto di Hassan Bouhadi, arrestato la settimana prima. Bouhadi, che operava da Malta, era considerato il legittimo rappresentante del Lia in quanto nominato dal governo di Tobruk - l'unico riconosciuto dall'Onu prima dell'esecutivo Serraj - anche se la guida del fondo era contestata nei tribunali (a Londra) dall'ex numero uno Abdulmagid Breish, incaricato dal governo libico di Tripoli. A dicembre la figlia di Serraj ha sposato un dirigente della Lia a Londra con un matrimonio in grande stile. Entrambe le parti vogliono però controllare il fondo, perché è l'unica fonte di denaro contante e sarà il finanziamento di progetti per la ricostruzione della Libia quando verrà tolto embargo.
«Grazie all'Italia per il suo ruolo coraggioso da apripista per la stabilizzazione della Libia», ha ripetuto più volte il premier libico in un'intervista rilasciata a la Repubblica lo scorso 24 gennaio dalla sua residenza di Tripoli dove l'Italia ha da poco riaperto la sua ambasciata.
A metà ottobre il presidente di Lia, Hassan, ha avuto un colloquio a Roma con il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, e il giorno dopo ha concluso la sua missione italiana a Milano incontrato l'ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier. Fino a pochi anni fa la Lia poteva contare su un vicepresidente nel board dell'istituto. Domani, chissà.CC
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