Economia

Il rialzo dei tassi spinge lo spread a 300

Prepariamo le scialuppe. La bolla è scoppiata. A far tremare l'Europa e gli Usa è stata ieri mattina la Borsa di Shanghai (-5,3%). Poi Milano ha chiuso in calo dello 0,9%, Londra dell'1,4% e Francoforte dell'1,2%. L'onda è arrivata puntuale a Wall Street, che a un paio d'ore dalla chiusura cedeva l'1,6% (Dow Jones). «Il mercato stava ancora digerendo le parole con cui Ben Bernanke ha preannunciato l'addio agli stimoli monetari, quando dalla Cina sono arrivati segnali di stretta del credito. E, in uno scenario di fragilità come quello attuale, basta una notizia così a scatenare le vendite», spiega Vincenzo Longo, market strategist per Ig, che poi aggiunge: «La Banca centrale cinese sta cercando di raffreddare il fenomeno del cosiddetto credito bancario ombra, fuori dal controllo dello stesso istituto, letteralmente esploso negli ultimi mesi. E lo ha fatto riducendo liquidità sul mercato, bloccando le aste con cui riforniva di liquidità il sistema. Congelando l'interbancario gli interessi sono saliti, in sette giorni dal 3,8% al 12 per cento».
I broker hanno subito preso le forbici in mano e, uno dopo l'altro, hanno tagliato le stime di crescita dell'economia cinese sostenendo che, una stretta del credito, rappresenta un rischio per la seconda maggiore economia al mondo. Goldman Sachs ha rivisto al ribasso le stime di crescita sul 2013 (il Pil salirà del +7,4% dal precedente +7,8%) e sul 2014 (al 7,7% dall'8,4%).
In questo scenario gli indici traballano, i rendimenti dei titoli di Stato (il Btp decennale rende il 4,8%) salgono e lo spread ha ripreso a correre (a quota 300, ai massimi da aprile). A differenza di due anni fa, tuttavia, la risalita dello spread non affonda le sue radici nell'aumento del rischio percepito dagli investitori, quanto nello sgonfiamento di quella bolla che, grazie alla liquidità presente e destinata alla speculazione, ha trainato i mercati degli ultimi mesi. La stretta sulla liquidità ha dato il via alle vendite. «Nel 2011 l'aumento violento dei rendimenti e degli spread dei Paesi periferici della zona euro era dovuto a una crisi di fiducia sull'esistenza stessa della zona euro, ora in sicurezza dopo l'intervento della Bce», commenta Edoardo Chiozzi Millelire, responsabile per l'Italia di Convictions Am, secondo cui «oggi l'aumento dei rendimenti viene dal cuore del sistema finanziario mondiale: dal forte rialzo dei titoli di Stato Usa (il decennale è passato dal 2% al 2,6%), dovuto paradossalmente a un miglioramento dell'economia Usa» che ha reso possibile l'addio alla politica monetaria espansionistica da parte della Fed.
«L'idea che gli stimoli monetari possano venire meno ha gettato nel panico gli investitori», notano Michael Hewson e Tim Waterer, di Cmc Markets. «Crediamo che essi debbano prepararsi a affrontare un periodo di elevata volatilità e di un incremento de rendimenti reali su base globale», sostiene Stuart Thomson, cogestore del fondo Ignis Absolute Return Government Bond. «Le vendite sui titoli di Stato coinvolgono anche i mercati core come la Germania (il rendimento del Bund è salito all'1,83% dall'1,4% in due settimane). Sono in ascesa i rendimenti di tutti i titoli di Stato. Questo frena, almeno per ora, l'ampliamento degli spread», nota Longo, secondo cui oggi gli investitori preferiscono essere liquidi e aspettare alla finestra l'evoluzione del mercato.
Tuttavia, se lo scenario macro economico dovesse peggiorare, è molto probabile che gli investitori si riposizionino sui Bund tedeschi. E, a questo punto, il differenziale con i Btp potrebbe tornare a quota 330-350 in poco tempo.
Quindi, in sintesi, i mercati rischiano di soffrire ancora finché i rendimenti dei titoli di Stato Usa e giapponesi non si saranno stabilizzati.

Se durante il periodo estivo, sempre pericoloso, non ci saranno sorprese sul fronte dei Paesi periferici, lo spread potrebbe stabilizzarsi.

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