L'eurozona è un'azienda sfilacciata in profondo rosso. I conti non tornano. Azionisti litigiosi che si guardano con sospetto. Alcuni più forti (e lo fanno pesare). Altri molto meno: si comportano in modo disordinato e umorale. Incapaci di presentare piani concertati e di allestire negoziati seri. A quel tavolo siedono Paesi che portano in dote deficit di bilancio assai preoccupanti. Per non parlare dell'indebitamento. Lasciamo stare la Grecia, ancora una volta vicina al default. E i prossimi aiuti nell'ordine di 86 miliardi di euro sono solo l'ennesima toppa. Prima di un nuovo default.
Concentriamoci sulla nostra povera Italia. Come deficit oltrepassiamo il 3% e nel rapporto fra debito e Pil ci collochiamo stabilmente oltre il 130%. Dunque, un azionista con una situazione patrimoniale e reddituale compromessa. Bisognoso di un vero piano di risanamento. Ne deriva che ciò che produce l'azienda Eurozona è un prodotto di scarsissimo appeal sulle piazze internazionali. Ora si tratta di capire se è il modello di business a non reggere o se, piuttosto, si tratta di inadempienze e di impegni disattesi dagli azionisti. Vista da qui, mi pare proprio che l'azionista Italia non abbia argomenti convincenti per evitare giudizi severi. Dal momento in cui si è condivisa la scelta della moneta unica è stato un continuo disattendere gli accordi. D'altronde quando non si mettono in pratica riforme economiche ad ampia gittata e quando la nostra macchina pubblica batte continuamente in testa portando la spesa fuori controllo, diventa impossibile assicurare efficienza. E tranquillizzare gli azionisti dell'area più forti e «bacchettoni».
Si può fare la voce grossa a quel tavolo solo se prima si avvia un
cambiamento strutturale. Ecco: riformiamoci per riformare. Gli azionisti seri si comportano così. Altrimenti salta il banco. L'eurozona tira giù la saracinesca. E allora saranno guai seri per tutti.www.pompeolocatelli.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.