Le nuove tasse in busta paga: arriva la stangata su "misura"

Il governo è impegnato nella riforma del sistema tributario. Ma la "trappola" è dietro l'angolo con la tassa "personalizzata"

Le nuove tasse in busta paga: arriva la stangata su "misura"

Dopo quasi 50 anni si torna a discutere di riforma del sistema tributario. Il governo giallorosso, in particolare il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, parla di riduzione della pressione fiscale mantenendo la progressività (chi ha di più, deve dare di più). E c'è già chi propone una tassa "personalizzata" sul modello tedesco, sostenuta da parte dell’esecutivo (da una parte del Pd e da Leu). Il progetto potrebbe essere contenuto nel piano che verrà annunciato nei prossimi Stati generali. Le tasse sono quindi al centro del dibattito politico anche se ci sono alcuni ritardi. La commissione che si occupa della riforma fiscale presso il Mef non si riunisce dall’inizio del lockdown, mentre per le risorse il quadro delle finanze pubbliche è ancora incerto.

Nel marasma generale c’è chi propone di cancellare aliquote. Chi ha tirato in ballo gli scaglioni e chi ha pensato di sostituirli con un algoritmo che attribuisca a ogni contribuente un’aliquota specifica in base al suo guadagno. Insomma, da una parte c’è il Movimento 5 Stelle con la rimodulazione degli scaglioni e una loro diminuzione da cinque a tre. Dall’altra c’è il Pd che vorrebbe adottare il "modello tedesco" calibrato sugli algoritmi.

La maggioranza ha nel cassetto una serie di proposte quasi tutte di riforma radicale. I renziani vogliono rifondare completamente l’Irpef, scendere da cinque a tre aliquote, eliminare tutte le detrazioni (tranne mutui, previdenza e sanità) e introdurre un minimo esente di 8mila euro per componente della famiglia. Sulla riduzione delle aliquote da cinque a tre puntano anche i grillini che ipotizzano una griglia che va dal 23% al 42% e una no tax area elevata a 10mila euro.

Più innovativo il modello tedesco che, che come abbiamo scritto, piace a Leu e ad alcuni esponenti dem. L'obiettivo è eliminare la griglia di aliquote e costruire una aliquota unica che si muove su una curva in relazione al reddito, semplificando e dando a ciascun contribuente la sua tassa "personalizzata". Il resto del Pd guarda ancora al cuneo fiscale e alle tasse sul lavoro, ma non è escluso che nell’ambito di una mediazione si arrivi a un accorpamento delle aliquote centrali anche per eliminare il problema del cosiddetto "salto" di aliquota (tra il secondo e il terzo scaglione l’aliquota sale di 11 punti).

Le tasse scaldano il dibattito parlamentare. Ieri, a sorpresa, il grillino Leonardo Donno, scrive Repubblica, ha presentato un emendamento al decreto Rilancio in esame alla Camera per ripristinare ed estendere per due anni la flat tax al 15% (Irpef, Iva e Irap) per i professionisti. Per i Cinque stelle è una svolta: la flat tax fu infatti un cavallo di battaglia dei leghisti durante il governo gialloverde mal digerito dai pentastellati. Quando si cambiò governo la tassa piatta fino a 100mila euro di reddito, che sarebbe dovuta scattare quest’anno, fu prontamente rinviata e fu lasciata in vita solo quella fino a 60mila euro.

All’orizzonte c’è poi una trappola enorme, quella sull’Irpef, che rischia di trasformarsi in una vera e propria beffa per 900mila lavoratori. Circa 900mila lavoratori, quelli che guadagneranno tra i 28 e i 30mila euro all’anno nel 2021, avrebbero infatti convenienza a ridurre il proprio reddito imponibile per aumentare quello netto. Paradossale. Facciamo l’esempio di un contribuente privo di familiari a carico e senza detrazioni. Nel caso in cui questo lavoratore aumentasse di un solo euro il proprio guadagno (ipotizziamo da 28mila a 28.001 euro annui), il suo reddito disponibile calerebbe da quasi 22.600 a 21.400 euro.

Calcolatrice alla mano, fanno 1.200 euro in meno nelle sue tasche. Insomma, i lavori per ridefinire il sistema tributario sono entrati nel vivo. Ma i rischi sono dietro l'angolo. E tutto potrebbe risolversi in un gran pasticcio.

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