Economia

A Rosneft tutta Bp-Tnk Un colpo da 61 miliardi

Non la metà, ma tutto il piatto. In un sol colpo, con un'operazione da 61 miliardi di dollari, i russi di Rosneft mettono le mani sul 100% di Tnk-Bp, la joint-venture tra British Petroleum e Aar, proiettandosi al vertice della classica mondiale dei produttori di petrolio con un output stimato di quattro milioni di barili al giorno. Un gigante più grosso di Exxon.
Corroborata dall'indispensabile benedizione del presidente Vladimir Putin («è un bene non solo per il settore energetico russo, ma anche per l'intera economia russa»), la firma all'intesa è arrivata ieri dopo le indiscrezioni circolate nel weekend. Il quadro dell'accordo è così delineato: Bp cede la propria quota del 50% nella società mista incassando cash oltre 17 miliardi di dollari e mettendo in cassaforte il 12,84% di Rosneft. In seconda battuta, il gruppo inglese guidato da Bob Dudley verserà al colosso controllato dal Cremlino 4,8 miliardi per rilevare un 5,6% supplementare di Rosneft, alzando così al 19,75% la propria partecipazione. Due rappresentanti di Bp siederanno inoltre nel board Rosneft. Quanto agli oligarchi russi di Aar, da tempo in contrasto con Bp sulle strategie estrattive, escono da Tnk-Bp con un assegno da 28 miliardi.
Il Cremlino riprende così il controllo del settore petrolifero perso nelle privatizzazioni degli anni '90. Il fautore del maxi-deal è Igor Sechin, zar dell'energia di Putin e politico conservatore avversario di Dmitry Medvedev, che da presidente aveva cercato di diminuirne il potere varando un decreto, poi stracciato da Putin, che impediva a chi aveva cariche al governo di assumerne anche nelle compagnie. Sechin, che ha 52 anni, è anche considerato l'artefice dell'allontanamento dalla Russia nel 2008 del boss di Bp, Dudley. Resta infatti da vedere come andrà la coabitazione nel cda di Rosneft tra inglesi e Sechin.

E, soprattutto, se i britannici riusciranno a riprendere il discorso delle esplorazioni nel Mar Artico.

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