Save va a Marchi e ai fondi. Verso un'Opa a 21 euro

In campo anche Infravia e Db, ma la Borsa pensa già a un rilancio (+8%). Liquidato De Vido in Finint

Enrico Marchi e Andrea De Vido
Enrico Marchi e Andrea De Vido

Passano di mano gli aeroporti del Nord Est. Dopo giorni di indiscrezioni, nella notte tra domenica e lunedì, è stata firmata l'intesa per il riassetto di Save a cui seguirà un'Offerta pubblica di acquisto a 21 euro, leggermente più delle attese iniziali. Il mercato scommette già su un rilancio: il titolo ieri in Borsa ha guadagnato il 7,9% a 21,9 euro.

La complessa operazione prevede un primo accordo di separazione tra il presidente ad di Save, Enrico Marchi, e Andrea De Vido, i due soci storici di Finint a cui fa capo poco meno del 60% della società che gestisce gli scali di Venezia, Treviso, Brescia e Verona e controlla la Banca Finanziaria Internazionale. Successivamente Marchi, insieme ai fondi infrastrutturali Deutsche Asset Management e InfraVia, darà vita a una società di nuova costituzione (BidCo) a cui sarà girata la partecipazione in Save. Morgan Stanley si è poi impegnata a vendere la sua quota indiretta in Save detenuta in partnership con Finint «simultaneamente e subordinatamente» al completamento dell'operazione. Gli accordi di riassetto hanno valorizzato Save a 21 euro per azione e presuppongono un obbligo di Opa, sempre che l'operazione abbia successo, ad almeno lo stesso prezzo. Il polo aeroportuale veneto è stato valutato 15,1 volte il margine operativo lordo rispetto alle 10 volte a cui trattano in media i concorrenti europei e alle 22 volte a cui lo scalo di Nizza è pagato recentemente da Atlantia, che possiede anche il 22% del capitale di Save. E proprio l'incognita rappresentata dalla holding della famiglia Benetton, entrata nel capitale a settembre, dà un ulteriore sprint al titolo.

«Un asse aeroportuale Roma, Nizza e Venezia sarebbe un bel completamento sotto tanti profili» aveva dichiarato in merito, pochi giorni fa, il presidente di Atlantia Fabio Cerchiai, rinviando poi ogni decisione su Save alla definizione dei «termini complessivi dell'operazione». Posizione ribadita ieri da Ponzano Veneto che resta alla finestra in attesa del lancio, effettivo, dell'Opa. «Le dichiarazioni di Cerchiai confermano che l'acquisto del 22% di Save da parte di Atlantia era parte di un piano più complesso per raggiungere il pieno controllo del gruppo» sostiene Mediobanca secondo cui, tuttavia, lo spazio di manovra dei Benetton si è ora decisamente ridotto.

In questi mesi le avances di Atlantia non sono state raccolte da Marchi secondo il quale il gruppo dei Benetton più che un partner industriale per lo scalo veneziano era da considerarsi un concorrente. Se Atlantia decidesse di consegnare le azioni all'Opa incasserebbe una plusvalenza di 75 milioni circa ma ne dovrebbe riconoscere una parte ai venditori, Amber e, in minima parte, alla Fondazione di Venezia, in seguito agli accordi firmati lo scorso autunno.

Di fatto, quindi, l'impatto sui conti di bilancio del gruppo dei Benetton sarebbe trascurabile. Anche per questo motivo c'è chi, come Banca Imi, non esclude che Atlantia possa decidere «di mantenere la partecipazione in Save in attesa di poter diventare un azionista più attivo nel lungo termine».

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