Da tempo i mercati sono diventati i giudici di ultima istanza, una sorta di corte suprema in grado di condizionare non solo la vita delle aziende, ma anche quella di intere nazioni. Se qualcuno, nell'era della crisi del debito, lo avesse per caso dimenticato, ecco l'Ocse a ricordarcelo con un bel post-it inviato all'Italia. Questo: il nostro Paese, spiega Angel Gurria, segretario dell'Organizzazione parigina, dovrà forzatamente ricorrere agli aiuti internazionali «se i mercati non riconoscono a sufficienza il merito delle riforme». Il tema dell'Sos è quanto mai attuale, con la Spagna che continua a traccheggiare al punto da indisporre giorno dopo giorno i partner europei, Germania su tutti. Finire sotto tutela, del resto, non piace a nessuno. E le regole d'ingaggio per la concessione dei soccorsi prevedono strette condizioni cui lo Stato richiedente deve sottostare. Non a caso Mario Monti, pur avendo fortemente sponsorizzato lo scudo anti-spread della Bce di Mario Draghi (che domani a Berlino vedrà Angela Merkel e la leader del Fmi, Christine Lagarde), ha più volte sottolineato che l'Italia non avrà bisogno di chiedere l'attivazione dello scudo proteggi-bond.
Il premier confida appunto nella benevolenza dei mercati, oltre che sull'effetto deterrente delle misure implementate dall'Eurotower. È evidente che il voto degli investitori non potrà non tener conto di due fattori: le riforme effettuate e lo stato di salute dell'economia tricolore. Sul primo punto Monti ha incassato la promozione di Gurria: le decisioni che il governo sta prendendo sono «coraggiose, necessarie e senza precedenti». L'Ocse, tuttavia, vede con qualche preoccupazione ciò che potrebbe succedere dopo le elezioni, una volta istituito il nuovo governo. Gurria vedrebbe bene un Monti-bis, ma il professore ha ancora una volta ribadito ieri di non volersi ricandidare. «Vediamo con molta preoccupazione - ha dunque spiegato il segretario dell'Ocse - la possibilità che i partiti politici tornino indietro rispetto alle riforme fatte dall'attuale governo».
Sarebbe un errore fatale, ammonisce l'Ocse. L'Italia oggi sofferente, condannata alla recessione anche nel 2013 (-0,2% le ultime stime governative) nonostante Monti continui a parlare di «anno di ripresa», dovrebbe invece crescere «dello 0,3-0,4% annuo per un decennio». Gurria formula questa previsione sulla base, appunto, dei provvedimenti salva-Italia e delle leggi «Cresci-Italia» e «Semplifica Italia». Un 4% spalmato su 10 anni non servirebbe a colmare i buchi creati dalla doppia crisi (sub prime e debito), ma è difficile pretendere di più da un Paese la cui competitività è penalizzata da una produttività scarsa. Il dato è noto ma resta preoccupante: il tasso di crescita della produttività è il più basso dei Paesi Ocse. «Una maggiore competitività è un elemento chiave per il consolidamento della crescita», rimarca Gurria.
Nel frattempo, il capoeconomista dell'Ocse, Pier Carlo Padoan, mette l'Italia sull'avviso: se i conti pubblici non dovessero tornare a causa di una crescita inferiore alle attese, «sarà necessario implementare un ulteriore inasprimento di bilancio per compensare in parte l'impatto sul deficit primario». Insomma, nuove manovre di aggiustamento.
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