Prelievo in busta paga per gli statali: ecco che cosa cambia

A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12348/2021

Prelievo in busta paga per gli statali: ecco che cosa cambia

Niente più titolo esecutivo per recuperare i compensi degli statali qualora siano stati indebitamente percepiti, ma la PA potrà direttamente prelevare le somme dovute dalla busta paga del dipendete. A stabilirlo - come riportato in un articolo di ItaliaOggi - con una sentenza che di certo farà discutere - e non solo tra gli statali - è la Corte di Cassazione (sezione lavoro), che con la sentenza n. 12348/2021 del 10 maggio scorso ha deciso che nel caso in cui un funzionario pubblico abbia percepito delle somme aggiuntive al proprio stipendio che poi si sono rilevate indebitamente attribuite, la pubblica amministrazione di riferimento non dovrà agire più per via autoritativa (cioè richiedere la restituzione della somma dovuta) ma potrà attivarsi in via automatica con una mera elisione dei crediti reciproci.

Questo vuol dire, sinteticamente, che la Pa qualora verifichi che un suo dipendente abbia percepito sul proprio stipendio una somma ritenuta indebita potrà riprendersi i soldi direttamente dalla busta paga del funzionario, cioè trasferendo lo stipendio meno la somma dovuta.

Questa interpretazione è frutto della lettura della sentenza della Cassazione che - come si legge eliminando i riferimenti specifici - "confermava la sentenza de Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta da (…), medico di medicina generale in regime di convenzione con la ASL (…) (in prosieguo: ASL), per l'accertamento della illegittimità delle trattenute effettuate dalla ASL sulle competenze maturate, a titolo di recupero di compensi corrisposti indebitamente".

Come da fattispecie, un'azienda sanitaria dopo aver contestato illegittimi compensi corrisposti ad un medico alla luce della presenza di diversi suoi assistiti ricoverati presso una struttura residenziale accreditata, aveva recuperato le somme ritenute indebitamente percepite direttamente dalla busta paga del diretto interessato. Il pubblico funzionario aveva impugnato davanti al giudice del lavoro l'illegittimità del recupero disposto in busta paga, senza che vi fosse un titolo esecutivo ed un procedimento di esecuzione forzata. Sia in primo che in secondo grado l'impugnazione del medico era stata respinta e il procedimento è arrivato fino alla corte di Cassazione La questione è giunta in Cassazione la quale ha confermato quanto stabilito nei precedenti gradi di giudizio partendo dalla riconferma che "La Corte territoriale osservava che nella fattispecie di causa non veniva in questione un procedimento esecutivo e che il giudice ordinario avrebbe potuto essere investito dell'accertamento della illegittima percezione dei compensi; una volta che tale illegittima percezione non era stata sostanzialmente messa in discussione - né avrebbe potuto esserlo, in quanto documentata - era esente da censure il recupero dell'indebito effettuato dalla amministrazione tramite trattenuta sullo stipendio".

Nella fattispecie specifica, pertanto, la Corte ha ritenuto non applicabile il principio della compensazione previsto dall'art.

1241 del codice civile in quanto si opera secondo il criterio della cosiddetta compensazione impropria o atecnica, per cui è bastevole un mero accertamento contabile del saldo finale di contrapposte partite di dare e avere per decidere il prelievo diretto in busta paga.

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