Non è colpevole l'imprenditore che evade le tasse perché lo Stato non paga i suoi debiti. Con questa motivazione, un giudice del Tribunale di Milano ha assolto un industriale accusato di evasione fiscale per il mancato versamento di quasi 180mila euro di Iva, che però vantava da anni crediti con le Asl dieci volte superiori: 1 milione e 700mila euro.
«È stato costretto a non pagare da un comportamento omissivo e dilatorio da parte di enti pubblici che avrebbero dovuto pagare», scrive il gip Claudio Castelli nelle motivazioni della sentenza, certamente destinata a influenzare la giurisprudenza futura. Per la prima volta in un'aula di tribunale, infatti, sono stati riconosciuti i diritti delle tante aziende italiane ridotte al collasso per colpa di uno Stato inadempiente quando gli tocca pagare, ma inflessibile nel riscuotere fino all'ultimo euro. Lo stesso principio, inoltre, è stato utilizzato in un'altra sentenza sempre del Tribunale milanese. In quel caso alla sbarra era finito il legale rappresentante di una comunità di recupero per tossicodipendenti, accusata di evasione fiscale per un milione e 750mila euro, ma creditrice di Asl e ministeri per due milioni e mezzo. Esito finale: assoluzione per «caso di forza maggiore». É vero che si tratta di una vittoria, per così dire, a metà: malgrado le assoluzioni nei due processi penali, gli imputati dovranno, comunque, versare le tasse dovute nel procedimento tributario. Ma resta un segnale forte, che indica la direzione di un nuovo rapporto fra cittadini e Stato.
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