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Telecom: sì all'asse con Cdp, no a Sawiris

Telecom: sì all'asse con Cdp, no a Sawiris

Oltre sette ore di consiglio di amministrazione per decidere poco o niente. Questo, a fine giornata, il bilancio del lungo incontro del cda di Telecom Italia che, come del resto ampiamente previsto, è stato molto interlocutorio e non ha preso davvero decisioni concrete. Si parte dal no secco dato dai consiglieri alla proposta di investimento da 3 miliardi di euro fatta dal finanziere egiziano Naguib Sawiris.
Del resto il presidente Franco Bernabé l'aveva già fatto capire l'altro ieri in una lunga intervista al quotidiano francese Les Echo: «Sawiris ha parlato molto, ma non ha fatto offerte concrete». Inoltre, si sa, che ai soci di Telco quell'offerta non è mai piaciuta perché Sawiris era poco propenso a pagare le azioni più del prezzo attuale di mercato, che stanno sotto la soglia dei 70 centesimi, mentre i soci le hanno in carico al doppio, 1,5 euro. Ora bisognerà vedere cosa farà Sawiris anche se è poco probabile che riesca a procedere con un'offerta ostile.
Alle quotazioni attuali, comunque, investendo 3 miliardi si ritroverebbe in mano circa il 30%, che è molto più del 22% detenuto dal socio di maggioranza Telco. Quanto alle altre questioni sul tavolo anche qui il verdetto del board è interlocutorio. Delle due offerte ricevute per Ti Media - quella del fondo Clessidra di Claudio Sposito con l'Equinox di Salvatore Mancuso, e quella di Urbano Cairo, che tramite Cairo Communication vende la pubblicità di La7 - nessuna era davvero concreta.
Così il cda è stato incaricato di verificarne la fattibilità. Pare, comunque, che le offerte non contenessero cifre precise. In compenso entrambi i pretendenti hanno messo molti paletti alla possibile acquisizione. Per la cronaca a Cairo interessa solo la rete televisiva La7 e non le torri di trasmissione. Pare anche che i 300 milioni messi sul piatto in un primo momento da Classidra siano in discesa. Il cda, da parte sua, vuole davvero vendere Ti Media che quest'anno, come spiegato dal consigliere Tarak Ben Ammar, perderà 120 milioni. Più concrete le decisioni sul possibile spin-off della rete con la costituzione di una nuova società con la Cassa Depositi e Prestiti. Il numero uno di Cdp, Franco Bassanini, ha spiegato qualche giorno fa che l'operazione interessa la Cassa, ma che le posizioni delle due società sono ancora divergenti sul valore che Telecom attribuisce alla rete in rame - 15 miliardi di euro secondo l'ex-monopolista, non più di 9 miliardi per Cdp - e sulla governance. Non è un mistero, infatti, che Cdp vorrebbe riservarsi il diritto di nominare l'ad della nuova società cosa che però Telecom non vuole. In ogni caso lo scorporo non è più davvero obbligatorio perché, secondo le nuove regole Ue, per poter avere mano libera sulle offerte commerciali per la nuova rete in fibra ottica, i gestori di tlc devono solo assicurare il cosiddetto «equality of input», ossia che le divisioni retail interne, siano trattate esattamente alla stessa stregua di quelle dei concorrenti. E, quindi, Telecom potrebbe, senza scorporo effettivo, organizzarsi come ha fatto Bt in Gran Bretagna con «Open Reach», creando una società indipendente ma completamente controllata da se stessa.
Tra le note positive c'è il Brasile. Il direttore generale Andrea Mangoni, ieri in cda, ha spiegato che i risultati sono in ripresa e i problemi con le autorità brasiliane in corso di soluzione.

Quanto alla brasiliana Gvt, la società di telefonia fissa con rete in fibra ottica, Telecom non ha presentato un'offerta ma, ha detto il presidente Bernabé, sarebbe un'acquisizione interessante, anche se troppo costosa.

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