Accordo quinquennale, del valore di un miliardo di euro, tra Wind, Huawei e Sirti per la realizzazione della rete ultra veloce di telefonia mobile Lte di quarta generazione. Huawei è «l'altro» cinese delle tlc in Italia. Oltre a Hutchison, infatti, che già possiede l'operatore «3» ed è interessato al controllo di Telecom Italia, Huawei, produttrice di apparati di rete, è riuscita in pochi anni a diventare uno dei maggiori player del settore. Vende, e in parte anche finanzia, tutto ciò che serve per costruire reti di tlc fisse e mobili. Produzioni un tempo affidate a società tutte europee, come Ericsson, che resta comunque la maggiore azienda sul mercato delle reti, mentre Nokia, nonostante l'intesa con Siemens,ha effettuato pesanti ristrutturazioni. Per non parlare dell'italiana Italtel, passata da 30mila a mille dipendenti e, ormai da anni, in grande crisi. Le tlc italiane dipendendono, dunque, dalle società estere. Ma sul fronte della produzione di apparati la concorrenza è impossibile. Così, mentre Italtel spera di non chiudere, Huawei, quest'anno, ha visto un aumento dei ricavi del 12,2% a 11,8 miliardi di dollari. Ma anche i gestori, tranne Telecom controllata da Telco, ossia dai maggiori istituti finanziari italiani Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Generali, sono in mano a società straniere. Vodafone, ex Omnitel, è stata venduta dalla Olivetti di Roberto Colannino agli inglesi per fare l'Opa su Telecom. Wind è passata da Enel all'egiziano Naguib Sawiris che poi l'ha rivenduta ai russi di Vimpelcom, mentre «3», dopo una partenza italiana non ha trovato finanziatori nostrani ed è diventata cinese. Quanto al nuovo piano di integrazione tra Telecom e «3», allo studio del presidente Franco Bernabè affiancato da quattro rappresentanti degli azionisti tra cui l'indipendente Luigi Zingales (Assogestioni), viene da molti giudicato difficile da perseguire. Gli analisti di SocGen hanno espresso considerazioni sugli ostacoli che incontrerà l'operazione: dai disaccordi sulla valutazione a problemi normativi, e vedono, tra le soluzioni per aumentarne la fattibilità, lo scorporo della rete. Assolutamente contrari sono i sindacati. «È un progetto folle - dice Michele Azzola, segretario nazionale della Cgil - perché consegna il settore delle tlc italiane in mani straniere, con effetti nefasti sulla competitività del Paese. Telecom sta continuando a pagare le sciagurate privatizzazioni di fine anni Novanta che hanno spogliato la società delle sue ricchezze».
Per contro l'ex ad di Tim, Marco De Benedetti, che da anni non faceva sentire la sua voce sull'argomento, in un Twitt brinda all'intraprendenza e alle capacità manageriali dei possibili azionisti cinesi, confrontandole con lo scempio attuale perpetrato dal Salotto Buono dei soci Telco. Un Twitt accorato che potrebbe vedere d'accordo anche Telecom dato che i soci, per lo sviluppo della società, si rifiutano di fare la cosa più importante: mettere mano al portafoglio.
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