Economia

Altro schiaffo ai negozi Tari pure per chi chiude

Ci troviamo di fronte a un paradosso, visto che la Tari dovrebbe seguire il principio del chi inquina paga: ecco perché non sarà così

Altro schiaffo ai negozi Tari pure per chi chiude

Le attività commerciali costrette ad abbassare le loro saracinesche a causa delle misure di restrizione anti coronavirus dovranno comunque pagare la Tari anche se chiuse o parzialmente chiuse.

Il paradosso della Tari

Ci troviamo di fronte a un paradosso, visto che la tassa sui rifiuti dovrebbe seguire il principio del chi inquina paga. Poco importa se la bizzarria è stata più volte fatta notare al governo, che avrebbe potuto (e dovuto) intervenire per correggere l’evidente stortura. Nonostante siano i sindaci a rispondere in prima persona sul tema Tari, è adesso impossibile replicare lo schema attuato durante il primo lockdown.

Già, perché in quel caso furono concesse riduzioni e agevolazioni ai commercianti rimasti chiusi per Covid. Non si può, fa notare Il Sole 24 Ore, concedere il bis, visto che decisioni del genere dovevano essere replicate entro e non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione scaduto lo scorso 31 ottobre. Detto altrimenti: semaforo rosso per agevolazioni per Tari tributo e Tari corrispettiva. E questo anche se le risorse per coprire tali riduzioni ci sarebbero, potendo far teoricamente ricorso al fondo per l’esercizio delle funzioni comunali previsto dl dl 34/2020 e dal dl 104/2020.

Per smuovere le acque è necessario derogare ai criteri ordinari di approvazione, consentendo alla giunta comunale di intervenire con specifiche riduzioni ad hoc, riservate ai codici Ateco chiusi e rapportate ai giorni di chiusura. In che modo? Ad esempio con una legge capace di prevedere una percentuale massima di riduzione concedibile.

Altri nodi

Oltre alla Tari, all’orizzonte ci sono altri nodi spinosi da sciogliere. L’articolo 107 del dl 18/2020 consente ai Comuni di confermare per l’anno 2020 le tariffe della Tari e della tariffa corrispettiva approvate per il 2019. La stesa prevede tuttavia che il Pef 2020 debba essere approvato entro il 31 dicembre.

L’ipotetico conguaglio tra i costi risultanti dal Pef per il 2020 e quelli determinati per il 2019 può anche essere ripartito in tre anni. Ma nelle aree d’Italia dove ci sono le Ato, i citati Pef devono essere validati entro il 31 dicembre dalle autorità d’ambito. Anche se il Comune potrà prenderne atto dopo il 31 dicembre.

Dove non ci sono le Ato, spetterà al Comune fare tutto entro il 31 dicembre. Attenzione però, perché i Comuni che approveranno il bilancio entro il 31 dicembre dovrebbero avere anche il Pef 2021: una vera e propria utopia visti i procedimenti burocratici. Da segnalare, infine, che dal primo gennaio 2021 sarà eliminata la categoria dei rifiuti assimilati.

Dunque le utenze non domestiche potranno uscire dal servizio pubblico.

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