«Non sono un banchiere, al massimo gestisco il mio conto in banca». Non lasciatevi ingannare da Giuseppe Vita, fresco presidente di Unicredit: a 76 anni suonati, e con un curriculum professionale come il suo, lungo quanto lelenco del telefono, ci si può concedere anche il lusso di una battuta allinsegna del low profile. In realtà, il successore di Dieter Rampl è un siculo-tedesco (unazzeccata commistione di fantasia e di rigore) dalle idee chiare. Una su tutte: Piazza Cordusio sta a Milano, ma il cuore della banca devessere europeo, ancora di più rispetto a quello di una banca per cui i confini nazionali stanno già stretti da tempo. La mission «è creare un gruppo davvero europeo, perché le nazioni hanno bisogno dellEuropa». Con la consapevolezza che gli ultimi cinque anni, scanditi da crisi senza soluzione di continuità, hanno profondamente ricalibrato scenari e opportunità, aggiungendo rischi e «problemi per la libera circolazione dei capitali e della liquidità». Muoversi da soli, chiudersi a riccio? Una follia: «Non cè possibilità di sopravvivere, a meno che non si gestisca la pizzeria allangolo», ammonisce Vita. E ancora: «Noi siamo condannati al successo, perché i nostri azionisti se lo aspettano, e anche i nostri dipendenti e clienti».
Allincarico ha detto sì dopo essere stato contattato da una società di cacciatori di teste. Il racconto che ne fa Vita è divertente: «Possiamo metterla nellelenco dei candidati per Unicredit?, mi hanno chiesto. Ho risposto di sì. Personalmente avrei cancellato Vita dallelenco, per via della carta didentità. Forse ne dimostro qualcuno di meno, ma una persona di 76 anni non lavrei presa in considerazione». Poi lincontro con lad dellistituto, Federico Ghizzoni, e subito scatta lempatia. Accettare la presidenza? Si può fare. «Perché mai avrei dovuto rifiutare questo incarico? Unicredit si sta riprendendo, ha avuto momenti difficili, come tutte le banche, ma i risultati del primo trimestre già ci stanno dando ragione. Approfitterò del lavoro fatto da Ghizzoni». Il neopresidente si dedicherà «a far funzionare i meccanismi della buona governance», per lasciare tempo al team operativo di dedicarsi alla gestione, «alleggerendo il peso che questa struttura ha in termini di tempo assorbito». Anche perchè lultimo periodo è stato stressante a causa del dossier Fonsai, di cui Unicredit possiede il 6,6%. Secondo Ghizzoni, raggiungere un accordo sui concambi per la fusione tra Fonsai e Unipol «è urgente, mentre un nuovo rinvio sarebbe pericoloso. Il piano è lunico piano industriale che cè, altri non ne ho visti».
Prima di dire sì alla nomina, Vita ha posto come condizione di continuare a mantenere la presidenza del comitato di sorveglianza di Axel Springer e di conservare il posto di consigliere di Rcs («Il nuovo ad lunedì (domani, ndr)? Credo più no che sì»), mentre lascerà entro 60-90 giorni gli incarichi di presidente di Allianz Italia e quello collegato in Pirelli.
Insomma, lui si considera un uomo scelto per esperienza, competenza e indipendenza. Niente sponsor e, soprattutto, nessun gettone da spendere grazie allamicizia con Frau Angela Merkel. Lintreccio di relazioni tra Unicredit e Germania è evidente, ma Vita sottolinea di non essere «portatore di interessi tedeschi, ma soltanto di quelli di UniCredit», dei suoi azionisti e dei suo clienti.
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