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Gli Usa nell'angolo tra mina disoccupati e rischio bolla hi-tech

Lavoro a luglio oltre le stime, ma c'è il boom dei sussidi. E Trump rimette i dazi al Canada

Gli Usa nell'angolo tra mina disoccupati e rischio bolla hi-tech

Già mercoledì scorso, a carte ancora coperte, Donald Trump aveva calato la mascher(in)a: dal mercato del lavoro arriveranno «grandi numeri». Annuncio trionfale di chi, pur non dovendo sapere, sapeva invece in anticipo. Mentre l'inquilino della Casa Bianca adatta le regole alla maniera del Marchese del Grillo, i comuni mortali hanno dovuto aspettare ieri per vedere questi big numbers, sintetizzati da due dati: gli 1,76 milioni di nuovi posti creati in luglio, contro attese per 1,48 milioni, e il tasso di disoccupazione scivolato dall'11,1 al 10,2%. Per il tycoon ossigeno puro in tempi di consensi in picchiata, da rinsanguare in fretta in vista del voto; perfino la linfa necessaria per alimentare il pensiero stupendo che la furia devastatrice del Covid-19, certificata dal terrificante -32,9% del Pil nel secondo trimestre, si stia attenuando.

Ma, forse, si tratta solo di sogni, gli stessi di chi spera di sedersi al tavolo con la Cina, il 15 agosto, tenendo il coltello dalla parte del manico. Quando invece la querelle su TikTok ha solo sortito l'effetto di irrigidire Pechino. Del resto, tempismo e convenienze diplomatiche non sono mai state la tazza di thé di The Donald. Che, tanto per far capire l'aria che tira sui dazi, ha pensato bene di reintrodurre quelli sull'acciaio canadese. Altro fronte aperto.

A forza di cannoneggiare a destra e manca oltre confine, il presidente ha finito per diventare presbite dentro le mura domestiche. Tra i tanti rischi che corre c'è quello che gli scoppi tra le mani la bolla dell'hi-tech, da anni il settore che funge da stampella prêt-à-porter di Wall Street. Il downgrade rifilato da Bank of America ad Apple, motivato con le pressioni sui margini e con la possibilità di tassi più alti in caso di elezione di un democratico a novembre, è solo l'ultimo campanello d'allarme. E preoccupano anche le prospettive del settore dei semiconduttori, debole nel secondo trimestre causa lockdown.

Tutti segnali da non sottovalutare soprattutto se, proprio a causa di un giro di vite della Fed, dovesse finire il propellente garantito finora ai titoli tecnologici dal massiccio ricorso ai buy back. È vero che il rapporto prezzo-utili rispetto allo S&P500 è sui livelli degli scorsi anni, ma la pandemia ha cambiato ogni scenario (solo Amazon è riuscita a lucrare sul lockdown) e una possibile trade war, scatenata per la primazia tech, sarebbe catastrofica. Ecco perché Trump dovrebbe tenere un occhio sulle «Faang», e l'altro sugli americani a spasso. Basti ricordare che nelle ultime 18 settimane oltre 52 milioni di americani hanno chiesto il sussidio di disoccupazione, che il tasso di povertà da qui a dicembre rischia di balzare all'11,9% e che per ogni morto di Covid sono state licenziate 330 persone. La sfiducia, intanto, cresce: il 47% di chi ha perso il posto è convinto che la perdita sarà permanente. La percentuale prova come l'America stia vivendo la peggior crisi occupazionale dalla Grande depressione.

Meglio tener su la mascherina.

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