Le utility italiane si preparano a vivere una nuova stagione di fusioni. Dal 2007, anno del primo grande matrimonio che diede vita ad A2A (la municipalizzata che ha unito Aem Milano e Asm Brescia), quello che avrebbe dovuto essere un naturale processo di crescita dimensionale si è mosso al ritmo lentissimo di un'integrazione ogni tre anni: nel 2010 Enìa (municipalizzata emiliana) e Iride (Genova e Torino) hanno dato vita a Iren, e lo scorso anno la bolognese Hera è andata a nozze con la triestina Acegas. Poco, troppo poco per poter competere a livello internazionale e ridurre i costi di una frammentazione tutta italiana.
Finito in soffitta il progetto dell'ex ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, di creare un'azienda unica nel Nord Italia che gestisca acqua, gas, elettricità e rifiuti, il tema è tornato d'attualità ed è oggi in cima alla lista degli impegni del premier Matteo Renzi che, in un'ottica di razionalizzazione del settore, intende ridurre gli operatori da 8mila a mille.
Un'impresa titanica per la natura stessa di questi enti, da sempre in mano a un potere politico radicato. E che difficilmente, in passato, ha voluto cedere il controllo di aziende considerate come «galline dalle uova d'oro» per i lauti dividendi con i quali sostengono le casse comunali.
Complice anche la crisi, oggi molto è cambiato e i Comuni sono pronti a fare un passo indietro. Milano e Brescia hanno messo sul mercato una quota del 5% di A2A e ora anche Bologna sta meditando il passo su Hera. Inoltre, i recenti ribaltoni nei consigli delle utility vedono schierati alla testa delle aziende uomini pronti a seguire il progetto renziano. Da Milano a Roma, passando per Torino e Bologna, i Comuni azionisti hanno poi tutti sindaci di centrosinistra. Così, con il supporto della Cdp, che tramite Fsi è pronta a investire 500 milioni, il risiko delle utility è pronto a ripartire. E gli analisti non hanno dubbi. Protagonista sarà la bolognese Hera (domani stacca il dividendo da 0,09 euro), sia per la sua posizione, viatico tra Nord e Centro Italia, sia per il suo modello di sviluppo ramificato sui quattro settori chiave.
Secondo Mediobanca, poi, la romana Acea - che in settimana sarà protagonista con l'assemblea che prepara il ribaltone del sindaco Ignazio Marino ai vertici del gruppo - sarebbe il consolidatore naturale nel settore idrico tra Lazio, Umbria e Toscana. A2A e Iren, insieme a Lgh (Cremona, Pavia, Lodi, Rovato e Crema) potrebbe favorire le fusioni nei servizi ambientali. E nel Nordest, Hera potrebbe completare l'opera inglobando le utility del gas come Ascopiave. Allora e solo allora si potrà pensare allo step successivo: dare vita in Italia a una società che ricalchi le orme della tedesca Rwe, nata dall'aggregazione di tante piccole realtà controllate da enti locali e ora diventato uno dei protagonisti del mercato europeo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.