Vegas: «I salotti buoni frenano l'Italia»

Vegas: «I salotti buoni frenano l'Italia»

Da una parte il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, si unisce al gruppo dei «rottamatori» dei vecchi salotti buoni che si fondavano sul sistema banca-impresa. Dall'altra parte, la Bce accelera il percorso di fissazione delle nuove soglie regolamentari per gli istituti di dimensioni più grandi, sottolineando che già dal 2014 scatterà l'obbligo di mantenere il rapporto tra capitale e attivi ponderati per rischio all'8 per cento. Per l'industria bancaria italiana è stato tutt'altro che un tranquillo martedì.
Ha iniziato ieri mattina Vegas che, nel corso di un'audizione alla Camera, ha messo in evidenza come «le strette connessioni tra il sistema bancario e quello industriale» impediscano «una allocazione ottimale del credito, che in molti casi risulta orientato a favorire impieghi non efficienti ma finalizzati esclusivamente a contenere possibili perdite». Insomma, senza fare nomi e cognomi, il presidente della Consob ha ricordato come le banche molto spesso prestino danaro (ristrutturando debiti o sottoscrivendo quote di aumenti) non tanto per finanziare la crescita dell'economia e delle imprese, ma per evitare che queste ultime possano fallire rendendo i vecchi crediti inesigibili.
In primo luogo, occorrerebbe eliminare «gli incentivi distorti a finanziare le imprese in cui gli istituti hanno partecipazioni azionarie». E qui in controluce riemergono i casi di Alitalia, Rcs e quello un po' meno recente di Fonsai. Ripensare il sistema bancario per l'ex viceministro dell'Economia è fondamentale perché sono state proprio le pmi a pagare fenomeni di «razionamento del credito» nel momento in cui la crisi globale si è fatta più aspra.
Nei primi nove mesi del 2013 il credito erogato dal sistema bancario a favore del settore produttivo ha evidenziato un calo del 4,6% e il tasso medio di interesse applicato ai nuovi prestiti di ammontare inferiore a un milione di euro è stato pari al 4,5%, di oltre 160 punti base più elevato rispetto alle condizioni medie applicate su finanziamenti di importo comparabile in Germania e Francia. Di qui la necessità non solo di aprire il Paese agli investitori istituzionali (magari eliminando aberrazioni come la Tobin Tax) ma anche l'agevolazione del canale dell'Ipo e del ricorso ai minibond (strumenti che potrebbero consentire alle piccole imprese di raccogliere fino a 30 miliardi di euro).
Intanto fra Bruxelles e Francoforte continua il fitto dialogo tra la Bce di Mario Draghi e la Commissione Ue sulla nuova vigilanza unica e sulla disciplina dei salvataggi bancari. Il commissario alla Concorrenza, Joaquín Almunia, ha replicato al numero uno dell'Eurotower che si era lamentato di possibili «fughe degli investitori» sostenendo che «se la stabilità finanziaria lo richiede, vi è un'eccezione alle regole» che costringono gli azionisti e i creditori junior a subire perdite.
Il terreno di confronto tra le varie posizioni sarà il vertice Ue che inizia domani.

La bozza di conclusioni chiede un impegno a definire la normativa sui salvataggi «entro fine novembre» accelerando sui tempi. Le divisioni tra l'asse Germania-Paesi nordici e quello meridionale non saranno facilmente riassorbibili. Ma la risposta di Almunia a Draghi può consentire al sistema finanziario italiano un po' di serenità in più.

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