Le società di tutto il mondo fanno la fila per lanciare bond sul mercato cogliendo la ghiotta occasione dei tassi ai minimi storici. A inizio settembre è stato raggiunto il record: in cinque giorni sono state collocate obbligazioni per 150 miliardi di dollari. Negli Usa le emissioni di bond cosiddetti investment grade (ovvero quelli di aziende considerate più solide) hanno raggiunto i 74 miliardi, in Europa i 23. E l'onda anomala dei tassi bassi, assicurano gli esperti, non accenna a perdere potenza. Come la stanno cavalcando le big di Piazza Affari che devono finanziarsi?
Generali ne ha approfittato varando una doppia operazione: ieri ha annunciato l'emissione del primo bond verde. Il subordinato Tier2, con scadenza 2030 e destinato a investitori qualificati, conferma la rotta sulla sostenibilità ambientale che ha portato anche la compagnia ad essere inclusa nell'indice Dow Jones Sustainability Europe. Contestualmente, il Leone ha previsto entro il 20 settembre il riacquisto fino a un miliardo di titoli che hanno il 2022 come prima data di "call". Con l'operazione doppia annunciata ieri la compagnia triestina punta a ridurre l'indebitamento esterno di circa 250 milioni, ridurre gli interessi passivi, raggiungere un profilo di scadenze del debito più equilibrato e ottimizzare la struttura del capitale regolamentare.
Nella nuova bond-mania si registra quindi una tendenza al verde: da inizio anno sono state 10 le emissioni green per un totale di 4,25 miliardi contro soltanto 2 miliardi nel 2018. Anche Enel di recente ha lanciato il suo primo bond sostenibile" da 1,5 miliardi di dollari legato al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. La domanda è stata alta: 4 miliardi di dollari. In fasi di particolare avversione al rischio, i green bond tendono a essere più stabili, grazie a un maggior numero di investitori che acquista e conserva le obbligazioni all'interno dei portafogli. Ai loro occhi, rappresentano uno strumento finanziario dotato di un valore aggiunto, non facilmente sostituibile sul mercato. Dal punto di vista delle società, un'altra ragione principale per emettere obbligazioni è infatti di sostituire vecchio debito, o allungarne le scadenze, piuttosto che aggiungere indebitamento nuovo. Va infine considerato che nel 2018 le banche italiane quasi non hanno emesso bond specie quelli subordinati, più rischiosi ma necessari a irrobustire il capitale per le turbolenze politiche e le incomprensioni tra Roma e Bruxelles quindi negli ultimi mesi hanno recuperato il terreno perso da metà dell'anno scorso.
Sempre ieri è tornata sul mercato obbligazionario anche Unicredit che ha collocato per 1,25 miliardi e con cedola al 2% un nuovo bond subordinato Tier2 a dieci anni, rimborsabile anticipatamente dopo cinque. Il controvalore complessivo degli ordini si è attestato a 3 miliardi. Ciò ha permesso di restringere lo spread di 25 punti base rispetto alle indicazioni di prezzo iniziali assicurando le migliori condizioni economiche in quasi un decennio, sottolineano dalla banca. Si tratta della terza emissione in formato Tier 2 da gennaio.
Con l'operazione di ieri Unicredit ha superato il target del piano di finanziamento per il 2019 con i bond che sono computabili ai fini della disciplina internazionale Tlac (ovvero che rientrano tra gli strumenti convertibili nell'eventualità di un bail-in). Considerando le condizioni di mercato particolarmente favorevoli, l'ad Jean Pierre Mustier si è dunque portato avanti per il prossimo anno.
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