«È mia personale convinzione che la Fondazione Mps risolverà il problema, resterà uno stabile e strategico azionista e che continuerà a investire nella nostra banca». L'ad di Mps, Fabrizio Viola, nel corso della conference call sul nuovo piano industriale, ha cercato di allentare la tensione che nelle ultime settimane si era sviluppata tra Rocca Salimbeni e Palazzo Sansedoni.
Se il top manager si è sbilanciato - ancorché parlando a titolo personale - è evidente che i segnali ricevuti dal presidente Antonella Mansi sono stati, tutto sommato positivi. Certo, l'ente - che ha un patrimonio di ormai ridotto a circa 800 milioni e debiti per 350 - non potrà certo investire un miliardo per seguire pro quota l'aumento della banca, ma di sicuro la cessione del prestito Fresh da cui ha ricavato 100 milioni ha cambiato le carte in tavola.
Ma quello che resta della presentazione agli analisti di ieri è un moderato e ritrovato ottimismo. A fronte di una medicina amara il cui nome era già noto (l'aumento di capitale fino a 3 miliardi di euro), Mps conta addirittura di tornare all'utile nel 2015 (200 milioni) per raggiungere 900 milioni di profitti nel 2017.
I pilastri dell'azione sono essenzialmente tre. Il primo rimborso entro l'anno prossimo del 70% dei 4 miliardi (cioè 2,8 miliardi) di nuovi strumenti finanziari con i proventi della ricapitalizzazione, in modo da ridurre il peso degli interessi. «La parte residua sarà restituita entro il 2017», ha spiegato in conference call il cfo Bernardo Mingrone. Il secondo caposaldo è la diminuzione dei costi. In primo luogo, con una diminuzione del personale di circa 8mila unità rispetto al 2012 a quota 23mila. In particolare, ha ricordato l'ad Fabrizio Viola, 2.700 sono quelli già usciti dal servizio, 1.100 quelli che saranno esternalizzati con il back office e 600 quelli relativi alle filiali estere che saranno cedute. Da ieri, infatti, è noto che Mps intende cedere la controllata transalpina Mps France oltre a quella del Belgio e alla storica filiale di New York. Circa 3mila saranno i prepensionamenti per i quali si dovrà battagliare ulteriormente con il sindacato. Le filiali si ridurranno a fine periodo a circa 2.200, un valore più o meno identico a quello precedente le acquisizioni di Antonveneta e Biverbanca nel 2007.
Il resto sarà tutta azione di marketing. È previsto, infatti, incremento del margine di interesse di 390 milioni rispetto al dato annualizzato dei primi 9 mesi del 2013 e un aumento delle commissioni di 767 milioni rispetto al 2012 (+8% medio annuo). Dall'altro versante del conto economico si agirà sostanzialmente attraverso il deleveraging, con un obiettivo di miglioramento del costo del credito di 90 punti base al 2017.
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