La correzione dei conti pubblici è stata «indispensabile», ma è stata «aggravata anche dal sostegno fornito dall'Italia» ai vicini della Ue. Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, giudica così la manovra «lacrime e sangue» avviata dal veccio governo Monti. Una medicina amara, ma necessaria, che ha avuto «riflessi negativi sull'attività economica nel breve periodo», pur contribuendo «a evitare scenari peggiori», a «contenere prima e a ridurre» poi gli spread e a «scongiurare nuove crisi di liquidità». D'altra parte, durante la crisi, «il rapporto tra debito e Pil è cresciuto di oltre 6 punti, al 127%, riflettendo soprattutto la brusca decelerazione del secondo. In questo quadro, va però considerato che hanni pesato per quasi 2 punti gli aiuti che l'Italia ha fornito agli altri Paesi dell'euro zona. Basti pensare che «tra il 2010 e il 2012 - ricorda Visco intervenendo al seminario sul federalismo organizzato dall'Istituto Altiero Spinelli a Ventotene - i Paesi europei, direttamente o attraverso l'Efsfe l'Esm, hanno erogato prestiti ai partner in difficoltà per 280 miliardi. Il nostro Paese ha contribuito offrendo risorse per 43 miliardi, di cui 27 per i prestiti dell'Efsf, 10 per prestiti bilaterali e 6 per la costituzione del capitale dell'Esm; secondo le previsioni ufficiali il nostro contributo salirà a oltre 55 miliardi nell'anno in corso, e a quasi 62 nel 2014».
Il rispetto del fiscal compact sul debito «non impone», tuttavia, «un orientamento permanentemente restrittivo alla politica di bilancio, ma presuppone il ritorno su un sentiero stabile di crescita». In sostanza, rispettare il fiscal compact e gli impegni in sede europea non significa vivere perennemente nell'austerity. L'esortazione, a pochi giorni dalle elezioni tedesche, è chiara: «È essenziale la comune determinazione a procedere verso una piena Unione Europea.
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