Economia

La voragine nell'assegno: cosa accadrà alle pensioni

Le pensioni ricalcolate con il contributivo integrale potrebbero ridursi e di parecchio: cosa ci aspetta

La voragine nell'assegno: cosa accadrà alle pensioni

Meglio il metodo contributivo (quello attuale) o il vecchio retributivo? Con l'attuale sistema per calcolare le pensioni i soldi nelle tasche degli italiani si riducono.

Cosa dice il sindacato

La fotografia dello Spi Cgil (Sindacato Pensionati) è chiara e fotografa la situazione della provincia di Verona con la "forbice" creata dai due diversi sistemi previdenziali: nel veronese sono 12.825, (il 6% del totale), le pensioni pagate con il sistema contributivo "puro", calcolate in base ai soli contributi versati. La denuncia arriva da Adriano Filice, segretario generale della Spi di Verona, che sottolinea come il sistema contributivo sia destinato a diventare quello predominante nei fondi pensionistici di commercianti, dipendenti e artigiani "con risultati che sono già sotto ai nostri occhi: se, ad esempio, prendiamo il fondo dei lavoratori dipendenti constatiamo che l’importo medio delle pensioni erogate con il contributivo puro risulta del 37% più basso rispetto all’importo medio delle pensioni pagate con il vecchio sistema retributivo. L’assegno medio mensile passa infatti dai 1.132 euro mensili del precedente regime ai 709 euro medi mensili del nuovo", afferma al quotidiano L'Arena.

Ecco quanto si perde

Insomma, più di 400 euro in meno è un'enormità: riduzioni simili si sono registrate anche negli altri fondi come quelli degli artigiani, passati da 957 euro a 565 (-40%) e in quelle dei commercianti (-41%, da 904 euro a 526). Il sindacato ipotizza che la forbice si allargherà maggiormente nei prossimi anni e quel 37% si alzerà a causa del percorso lavorativo delle nuove generazioni, la disoccupazione e il precariato del mondo del lavoro. Il prezzo più alto, come sempre, è pagato dalle donne e dai giovani che subiscono la "trasformazione del mondo produttivo e della risposta che si è data a questa trasformazione con una precarietà che è diventata precarietà di vita", sottolinea Filice. "A retribuzioni misere, discontinue - prosegue - corrisponde non solo una pensione povera, ma anche un sistema previdenziale debole e una società vulnerabile".

No al contributivo

Il destino del dopo Quota 100 sembra scritto ma andare in pensione con il contributivo è una battaglia che i sindacati non vogliono perdere. "È dal giorno dell'insediamento del Governo Draghi che chiediamo di aprire un confronto sui temi previdenziali" - dichiara Domenico Proietti, segretario confederale Uil, a Today. Draghi ha intenzione, dal 2023, di tornare al contributivo: ciò significa pensioni ridotte per le nuove generazioni e reddito basso. A partire dal 2032, infatti, tutti i nuovi pensionati riceveranno assegni basati sul contributivo puro, quindi prenderanno quanto avranno versato nel corso degli anni avendo cominciato a lavorare dopo il 1996, dall'entata della riforma Dini.

Le proposte

È così che per donne e giovani il sindacato di Verona ha alcune proposte da girare al governo. "Una pensione di garanzia per i giovani e un riconoscimento concreto al lavoro di cura ad esempio con 12 mesi di anticipo pensionistico per ogni figlio.

Come sindacato dei pensionati, riteniamo che i provvedimenti dell’attuale Governo siano totalmente insufficienti soprattutto perché non si dà un futuro previdenziale equo ai giovani e alle donne che in questi anni hanno pagato un prezzo altissimo", conclude Filice.

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