Pierluigi Bonora
A più di un mese dalla presentazione dei conti 2016 e al punto della situazione su strategie e programmi del Gruppo Volkswagen, il Dieselgate non dà tregua. Nel mirino della giustizia tedesca torna l'ex ad Martin Winterkorn, il top manager da 3.100 euro di pensione al mese, che «potrebbe essere stato al corrente sull'esistenza di un software civetta prima di quanto abbia ammesso pubblicamente». Il virgolettato appartiene alla procura di Braunschweig, titolare delle indagini sul Dieselgate, che ha anche annunciato di aver esteso l'inchiesta da 21 a 37 persone, sospettate di «frode e pubblicità ingannevole». Tra queste, appunto, compare Winterkorn. Nei giorni scorsi sono state effettuate perquisizioni in 28 località al fine di confiscare le potenziali prove dell'inganno. L'ex ad del Gruppo Volkswagen ha assicurato più volte in pubblico, da ultimo di fronte alla Commissione parlamentare di inchiesta del Bundestag, una settimana fa, di essere venuto a conoscenza del software in questione solo nel settembre 2015, lo stesso mese in cui poi si è visto costretto a dare le dimissioni. Winterkorn era già coinvolto in un'indagine della Procura di Braunschweig per possibile manipolazione del mercato a causa dei ritardi nella comunicazione sul Dieselgate agli investitori.
In attesa di giudizio, intanto, c'è James Robert Liang, ingegnere del gruppo: in settembre, davanti ai giudici Usa, aveva vuotato il sacco sulla vicenda. All'inizio dell'anno sono scattate invece le prime manette, sempre negli Usa. A finire in carcere, Oliver Schmidt, incaricato dell'ufficio per l'adeguamento alle norme del colosso di Wolfsburg tra il 2014 e il marzo 2015.
In Italia, intanto - dopo che Fca ha presentato un esercizio record per il 2016, e l'auspicio dell'ad Sergio Marchionne sulla conclusione entro l'anno delle indagini americane su un presunto Dieselgate in salsa torinese - è stato fatto il punto sull'occupazione nel gruppo a livello europeo. A parlarne sono state le rappresentanze sindacali del Vecchio continente, riunite a Torino. L'andamento degli occupati, tra il 2014 e il 2016 negli impianti europei di Fca, è aumentato di oltre 2.800 unità, attestandosi a 82.489 dipendenti. In Italia le assunzioni sono state più di 6.200, grazie ai nuovi modelli e alla conseguente crescita dei volumi produttivi. L'azienda ha assicurato ai sindacati la fattibilità della piena occupazione per tutti gli impianti del Paese. Con la produzione di oltre 1 milione di veicoli negli stabilimenti italiani si è raggiunto ormai il 97% della capacità produttiva. Il che ha consentito di ridurre del 61% le fermate delle linee dal 2014 al 2016. «Tutto questo è il frutto degli accordi sindacali che abbiamo fatto in questi anni», ricorda Ferdinando Uliano (Fim).
Presenti agli incontri anche il coo Emea di Fca, Alfredo Altavilla, e il responsabile delle relazioni industriali Pietro De Biasi.«Sul caso dei motori Diesel - ha spiegato Gianluca Ficco (Uilm) - Altavilla è stato netto nel respingere qualsiasi accusa ed è parso estremamente sereno e fiducioso in una sua rapida soluzione».
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