Edf è allangolo sul dossier Edison e uscire dal cul de sac sarà complicato. Il cda di ieri dellutility di Foro Buonaparte si è concluso senza una decisione definitiva ed è stato aggiornato a giovedì 29 dicembre. Ma la vera novità è che questa volta a essere in vantaggio sono i soci italiani di Delmi (che controlla il 50% di Ten che ha il 61% di Edison), appoggiati dal ministro Corrado Passera.
Rothschild e Goldman Sachs, advisor dei tre consiglieri indipendenti di Edison (Gros-Pietro, Gitti e Cocchi), hanno presentato la loro relazione sul fabbisogno finanziario dellazienda. In effetti, cè bisogno di capitali freschi per il business (circa un miliardo), ma gli italiani non ne vogliono sentir parlare prima che si sia risolta la questione-Edipower. I francesi, in particolare il direttore finanziario di Edf, Thomas Piquemal, sostenuto dallad di Edison, Bruno Lescoeur, si sono particolarmente «infervorati» perché, nella loro ottica, non si può bloccare la società. Oltretutto, Edf ha bisogno del business Edison incentrato sul gas per differenziare la loro eccessiva esposizione al nucleare. Gli italiani hanno fatto muro.
Delmi, assistita da Mediobanca, ha messo a punto la controproposta per la exit strategy. Lofferta per cedere a Edf il 30% di Edison si attesterebbe su una forchetta di prezzo tra 0,885 e 1 euro per azione (sopra gli 0,84 euro proposti da Edf in caso di Opa) per un esborso complessivo di 1,3-1,6 miliardi. Con il ricavato gli italiani acquisirebbero il 100% della compagnia di generazione Edipower e relativo debito. A Edf verrebbero poi garantiti dei contratti di fornitura di lungo periodo sul gas per le centrali italiane.
Lo scenario è cambiato dopo lincontro di ieri mattina a Milano tra i rappresentanti di Delmi (A2A e Iren in primis) e il ministro dello Sviluppo e infrastrutture, Corrado Passera. Un vertice dal quale gli italiani sono usciti rinfrancati. Lo ha fatto intendere subito il presidente del consiglio di sorveglianza di A2A, Graziano Tarantini. «Abbiamo fatto una proposta di buon senso ai francesi e ci aspettiamo una risposta di buon senso», ha dichiarato, premettendo che «se non va, si va allasta», ossia il meccanismo previsto al termine della proroga del patto il 30 dicembre senza accordo preventivo. Tarantini ha tuttavia precisato che, se si raggiungesse unintesa, servirà comunque una proroga tecnica. Non dovrebbe essere un problema perché le agenzie di rating che hanno minacciato il declassamento a «spazzatura» in caso di ulteriori rinvii, ne comprenderebbero il motivo.
Ancor più duro lassessore al Bilancio del Comune di Milano (azionista di maggioranza di A2A), Bruno Tabacci, pure lui presente allincontro. «I francesi dovranno accettare, se non vogliono la guerra, diversamente saremo costretti a muoverci sul terreno dellostilità e ci sono tanti strumenti...», ha minacciato. Quello che gli italiani lasciano intendere alla controparte transalpina è che il governo non sia «neutrale». E, dunque, in caso di asta ci potrebbe essere quanto meno il sostegno della Cdp.
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