Edison, Passera vuole Edipower italiana

Fino a quando è stato ad di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, ha sapientemente evitato di coinvolgere Ca’ de Sass nella difficile partita del riassetto Edison tra Edf e i soci italiani riuniti in Delmi. Ma da quando è diventato ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture quel dossier è diventato una delle sue principali preoccupazioni.
In realtà, più passano le ore più la materia diventa spinosa. Soprattutto perché le agenzie di rating non accetterebbero un altro rinvio (si tratterebbe del quinto se entro il 31 dicembre non si trovasse un accordo) del patto di sindacato e taglierebbero la valutazione della società a junk, «spazzatura». Ma il ministro ha un asso nella manica: ha ripescato il vecchio «lodo Zuccoli» (dal nome del presidente del consiglio di gestione di A2A) e intende riproporlo nella mediazione con Parigi. Si tratta di far tornare in mani completamente italiane Edipower, controllata di Edison (50%) che gestisce nove centrali e favorire un’uscita italiana dal capitale di Foro Buonaparte. Funzionerà? A Edf il progetto potrebbe non piacere, ma - in caso di mancato rinnovo del patto - scatterebbe l’asta sulla quota Edison di Transalpina e questa volta l’Italia potrebbe anche partecipare se, come sembra, dovesse costituirsi una cordata tricolore.
Oggi la giornata potrebbe essere decisiva, il ministro Passera incontrerà i soci italiani di Delmi (il veicolo partecipato da A2A, Iren, Sel, Dolomiti Energia, Fondazione Crt, Bpm e Mediobanca) che controlla - pariteticamente con Edf - Transalpina di Energia che ha il 61% di Edison. All’incontro parteciperanno anche i Comuni di Milano e Brescia, soci di maggioranza di A2A. Il ministro ascolterà, valuterà, ma presenterà anche le proprie indicazioni.
A seguire il cda di Edison dove la società francese presieduta da Henri Proglio che è il vero azionista di maggioranza (ha anche un 20% fuori da Transalpina) riproporrà un aumento di capitale da un miliardo per sostenere il business. I soci italiani, pressati già dal debito corrente delle utility, si oppongono sostenendo che rinegoziando i contratti di fornitura gas si potrebbero risparmiare circa 800 milioni. Gli advisor dei consiglieri indipendenti di Edison (Gros Pietro, Gitti e Cocchi), Goldman Sachs e Rothschild, stanno disegnando uno scenario che tenga conto di queste variabili perché senza il loro assenso nessuna delibera potrà essere presa. La sensazione è che si prenderà atto delle eventuali esigenze di cassa.
Dall’altro lato, come detto, c’è la spina di Edipower, la società che raggruppa nove centrali di produzione delle quali due idroelettriche. Lo «spacchettamento» finora non è riuscito: gli italiani volevano solo il business «idro» più redditizio ma i francesi pretendevano l’accollo di 800 milioni di debito su un totale di 1,1 miliardi. Si è tornati così al punto di partenza, al «lodo Zuccoli»: il mantenimento dell’italianità di Edipower in cambio dell’uscita da Edf.

I soci italiani, assistiti dall’advisor Mediobanca (Lazard lavora invece per Edf), hanno discusso fino a ieri in tarda serata quale fosse la strategia migliore, ma - da quanto si apprende - c’è una sostanziale convergenza sull’ipotesi di tenere tutte le centrali anche se bisogna definire quale potrebbe essere il partner o i partner finanziari dell’operazione. Ovviamente Edf attende anche la risposta Consob sull’eventuale obbligo di Opa in caso di scioglimento di Transalpina. Insomma, ci vuole ancora un po’ di tempo ma le agenzie di rating non aspettano.

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