Edison, Romani guadagna un mese

Prima di sedersi a un tavolo per trattare sul futuro di Edison, Henri Proglio, numero uno di Edf (che sommando le quote dirette e indirette, possiede il 49% di Edison) voleva capire la volontà del governo italiano. Sei mesi fa, proprio all’ultimo, l’intesa era stata stoppata dal ministro Tremonti. Oggi, in prossimità della scadenza dei patti parasociali, sarebbe ingenuo pensare che una partita importante come quella energetica si possa giocare solo su un tavolo di azionisti, senza un assenso superiore. L’interesse pubblico è del tutto evidente: Edison è il secondo produttore di energia elettrica in Italia, impensabile che l’azionista francese, per quanto forte, agisca senza un placet politico. Fu esattamente così quando Jean-Cyril Spinetta abbandonò l’acquisizione di Alitalia, a un soffio dalla firma: nei business strategici e molto regolamentati (quali sono l’energia e il trasporto aereo) non si può fare tanto di testa propria. Diverso è produrre latte e latticini: e infatti l’affaire Parmalat-Lactalis è andato in porto senza troppi scossoni.
L’incontro tra Proglio e il governo italiano, nella persona del ministro dello Sviluppo, Paolo Romani, si è svolto ieri a Milano, in territorio neutro, l’hotel Principe di Savoia. Proglio è arrivato teso e scontroso e se n’è andato sorridente, pur senza dichiarazioni sull’argomento. Romani ha parlato di un «incontro positivo».
L’unico elemento fattuale emerso dai 90 minuti della colazione di lavoro riguarda le date: la prossima scadenza è stata fissata al 30 ottobre. «In un mese e mezzo si aprono tutte le possibilità», ha detto Romani, alludendo a una via italiana per rilevare Edipower, la società titolare di 9 centrali idro e gas, controllata per il 50% da Edison, per il 20% da A2A, per il 10% da Iren.
Ma il colloquio di ieri era rivolto agli scenari, e nessuno si è addentrato sui dettagli delle possibili soluzioni. Proglio ha ottenuto la conferma di un ruolo importante per Edison, e di una sua complementarietà con Enel ed Eni nei grandi progetti internazionali, dal Mediterraneo ai Balcani. «Abbiamo tanti interessi in comune», ha confermato Romani riferendosi a Edf.
Ora, dunque, superato il primo passaggio governativo, Edf e i soci italiani riuniti in Delmi cominceranno a parlarsi concretamente. In marzo l’accordo sembrava ormai fatto con lo «spacchettamento» di alcune centrali da assegnare agli italiani, e una serie di compensazioni sulla governance e sulle modalità d’uscita dal capitale. Oggi si sta facendo largo l’ipotesi che Edipower possa restare tutta italiana; sarebbe questo anche un modo per il governo per giustificare l’arresto di marzo e il via libera di oggi. Ma A2A, principale attore nazionale in questa vicenda (il cda di ieri è stato rinviato a domani), sembra convinta che rilevare l’intera Edipower non sarebbe un affare; dei pezzi, sì. Su questo terreno così ingarbugliato si aggiungono nuovi attori. Sotto la regia di Intesa Sanpaolo (banca «di sistema») si starebbe lavorando a una cordata.

Acea, la multiutility romana a corto di capacità produttiva, si è detta interessata a entrare in gioco per bocca del suo presidente Giancarlo Cremonesi. E va rilevato che il direttore generale di Acea, Paolo Gallo, ingegnere, è l’ex ad di Edipower: una delle persone che in assoluto meglio conoscono l’azienda, i suoi impianti e le sue necessità di investimento.

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