Effetto Pato Adesso il Milan si sente l’Inter

El Shaarawi tolto dal mercato, accelerata su Megbah, Merkel richiamato d’urgenza, sono le prime mosse a costo zero: improvvisamente le cose hanno un altro colore. È girata la voce che il Milan nel derby non ci fosse. Sbagliato, c’era e ha perso.
E non è vero che era una partita che non contava, come ha detto Zlatan Ibrahimovic ieri a sangue freddo: «Il derby non era una partita decisiva. Abbiamo perso ma siamo ancora davanti all’Inter di 5 punti. Mancano ancora tante partite, questa non era decisiva». Non è vero, questo derby ha ribaltato tutto. Ad ascoltare questo Zlatan sembra di sentire Pazzini o Milito di un mese fa circa. Ed è questo che più irrita adesso i rossoneri, perché l’Inter gli ha passato la stecca. Non è il vantaggio che si riduce a cinque punti, o la striscia positiva che si azzera, no, è che dopo novanta minuti di derby ora è il Milan che non riesce più a vincere le partite che contano, ha un attacco dove se non segna Ibra resta al buio, e adesso deve fare qualcosa sul mercato dopo una settimana così movimentata che proprio non se ne sentiva il bisogno. Parole di Massimiliano Allegri cui non si può certo negare una buona compartecipazione alla stecca.
In campionato contro il gruppo delle prime in classifica, il Milan non ha mai vinto e su cinque scontri, derby compreso, ha fatto solo due punti contro Lazio e Udinese, peraltro a San Siro. Poi ha perso a Napoli 3-1, a Torino 2-0 e domenica sera con l’Inter. In Champions nelle uniche due sfide di valore, quelle con il Barcellona, le cose non sono andate meglio, rocambolesco 2-2 al Nou camp e sconfitta a San Siro. In queste sette gare, Ibra ha segnato solo alla Lazio e nel 2-3 col Barcellona, sempre a San Siro, dando nuovi motivi per riaprire il dibattito sulle sue prestazioni nei momenti che contano. Come domenica sera: «Ma non mi sono arrivati palloni come al solito - ha spiegato -, così la mia prestazione è stata penalizzata. Mi sono detto “resta in area e aspetta”, ma alla fine sono rimasto isolato». Ibra spesso va dritto al problema e queste sono dichiarazioni che non suonano bene e non sembra siano di incitamento. Lui vale perché è uno che non si può mai rimproverare niente, anche domenica sera la sua parte l’ha fatta. Come l’aveva fatta a Barcellona dove ha vinto l’ennesimo campionato segnando 16 gol in 29 partite di Liga. Solo che lui pensava di fare fuori Messi e Guardiola, invece Xavi Hernandez e Iniesta hanno fatto fuori lui. E c’è qualcosa che gira in questo senso anche adesso. Aspetto da non sottovalutare e al quale si agganciano forzatamente il mancato arrivo di Tevez e la mancata partenza di Pato. Il City pare abbia respinto l’offerta di Moratti (che ora si sente liberato), in Inghilterra danno nuovamente il Milan favorito e di questa marmellata di mercato si intuisce solo che il dottor Galliani stava facendo un gran colpo portando anche soldi in cassa. Invece Pato è rimasto, resta a portata di Ibra per almeno altri sei mesi anche se diventa sempre più un nodo da sciogliere in tempi brevi. Contro l’Inter il ragazzo si è battuto, alcune cose buone e altre meno, un destro dentro l’area spedito in curva e un pallone quasi in area piccola solo da mettere, ma si è mosso. Anche se, apparentemente, il feeling con il resto della compagnia appare sottile e quasi diplomatico. Qualcuno non gli ha neppure battuto il cinque al suo rientro in panchina dopo la sostituzione. L’idea è che il Milan aspetti giugno per far scattare l’asta nella quale potrebbero entrare i migliori club d’Europa. Marco Materazzi ieri ha detto: «Datelo a noi».
E la seconda parte del film, quello degli sfregi. L’inter si inserisce e a Londra fa flippare l’affare del secolo, il Milan irrompe su quelli in scadenza di contratto e li convince: con Sulley Muntari ha chiuso, adesso è all’attacco di Cristian Chivu.

Ma l’allarme rossonero dovrebbero prevedere un break, troppe cose storte nel giro di una settimana, il mercato, le cure di Gattuso, il derby, occorre un attimo di pausa perché tutto adesso ha un altro colore. Sembra proprio l’Inter di un mese fa dove non si salvava niente e nessuno.

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