da Roma
Di pensioni, ammoniscono i sindacalisti navigati, è meglio non parlare. E la dimostrazione del perché si trova nei dati diffusi ieri dallInps sulle domande presentate da lavoratori in età da ritiro. Nei primi nove mesi dellanno le pensioni in generale (vecchiaia, anzianità, reversibilità e invalidità) sono aumentate del 6,5 per cento. Tra il gennaio e il settembre del 2005 erano state 637.877, nello stesso periodo del 2006 le richieste sono salite a 717.846. Per quelle di anzianità, croce dei conti previdenziali italiani, cè stato un vero boom: le richieste di uscita dal lavoro in anticipo rispetto all'età di vecchiaia - secondo i dati dell'Istituto di previdenza - sono state 182.952 in aumento rispetto ai primi nove mesi del 2005 del 10,5%. Laumento, ha spiegato lInps, è in linea con le previsioni dellIstituto che per lintero anno si aspetta di liquidare circa 220.000 nuove pensioni di anzianità (+40 per cento rispetto al 2005).
Si tratta della conferma di una dinamica già iniziata e che si rafforza ogni volta che si torna a parlare di riforme previdenziale. Ieri il ministro del Lavoro Cesare Damiano ha confermato che il superamento dello «scalone» previsto dalla legge Maroni (il passaggio delletà della pensione da 57 a 60 anni con 35 anni di contributi) costerà e che sarà quindi necessario trovare le risorse da qualche altra parte. Ore contate per la parte già entrata in vigore della riforma Maroni, cioè il bonus per chi ritarda il ritiro dal lavoro. «Non lo vedo di buon occhio», ha spiegato Damiano, perché ha avuto adesioni soprattutto «da lavoratori con professioni alte». Anche il premier Romano Prodi ha confermato che ci sarà un tentativo di «rimodellare il sistema su base volontaria». Un passaggio «difficile, ma indispensabile» al quale aderirà - ha assicurato - «un ampio spettro della coalizione» di maggioranza. Non tutta quindi. Il premier ha ribadito che «abbiamo bisogno di una riforma delle pensioni». E ha rammentato i «passaggi del 1992 e del 1995», senza citare la riforma del governo Berlusconi. Ora, ha assicurato, «dobbiamo completare la transizione ad un moderno sistema pensionistico». Nel merito, Prodi ha spiegato che bisogna trovare «un equilibrio tra la flessibilità delletà pensionabile e i diritti dei lavoratori». Poi, ancora una volta, ha ricordato che «è stato firmato un memorandum con i sindacati che ci obbliga a trovare un accordo entro i primi tre mesi del prossimo anno».
A fare i conti con lunica vera misura previdenziale già varata dal governo con la Finanziaria, cioè laumento dei contributi previdenziali per i lavoratori atipici, è stata la Nidil-Cgil. La federazione dei «nuovi lavori» della confederazione di sinistra per la verità non ha affrontato direttamente il passaggio della percentuale di contribuzione al 23 per cento prevista dalla manovra, ma ha fatto un calcolo di quanto potrebbero comportare, dal punto di vista della pensione, i rincari del prelievo previdenziale. Un precario che guadagna 10mila 880 euro lordi lanno (media dei compensi del lavoratori iscritti alla gestione separata dell'Inps stimata dalla Nidil-Cgil sulla base di dati relativi al 2004), che va in pensione a 65 anni dopo 40 anni di contributi versati, con aliquota di computo al 20 per cento, percepirà un assegno mensile di 410,83 euro. Con unaliquota contributiva del 25 per cento limporto sarà invece pari a 513,54 euro mentre con unaliquota del 33 per cento (la stessa applicata ai lavoratori dipendenti) sarà di 677,87 euro. «Oltre a deludere le aspettative previdenziali di milioni di persone - hanno sottolineato i promotori del report - i risultati delle simulazioni forniscono ampi spunti allanalisi di possibili interventi correttivi, utili a garantire una vecchiaia dignitosa a questi lavoratori».
In sostanza dallo studio emerge che sia con unaliquota di computo del 20 per cento sia del 33 per cento, gli importi di pensione maturati superano non di molto lassegno sociale, che nel 2004 era pari a 367,97 euro mensili.
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