Rai3 alle 12 e 45 di ieri. Cè Umberto Galimberti (il filosofo che, nei suoi libri, ha compiuto decine e decine di «copia e incolla» non autorizzati, cosa su cui, alla fine, si è decisa a indagare anche luniversità di Ca Foscari). È bello, ieratico, seduto nello studio di Le storie: barba lunga, fronte alta e corrugata. Un Platone redivivo, anzi un Socrate (tantè che per presentarlo mandano in onda uno spezzone sul filosofo ateniese). Chiacchiera con Corrado Augias (quello che è stato accusato di aver plagiato un saggio di Edward Osborne Wilson nel suo Disputa su Dio e dintorni). E di cosa parlano i due? Beh allinizio Augias, omericamente, versa parole di miele. Galimberti è un «competente di primordine», un uomo che «sulle grandi domande» è in grado di dare «risposte utili a tutti». Insomma è un saggio, mica una fotocopiatrice. E quali siano poi le origini di questa saggezza, cioè cose scippate ad altri senza nota e senza neanche il buon gusto di rimescolarle un po, poco importa. Augias sa che la vera intellighenzia è quella che non guarda in faccia a nessuno: predica e basta. E i due, appunto, si mettono a parlare di Dio e Religione. Lo fanno con garbo, con lintelligenza dei laici che sono aperti al dialogo con la fede. Ecco alcune delle chicche regalate da Galimberti: «Le chiese, forse, sono le tombe e i sepolcri di Dio...»; «La mentalità di papa Ratzinger è medievale»; «Wojtyla ricorreva ai cascami patetici della religione...», per il resto «Dio lo nominava solo in apertura e chiusura»; «Lilluminismo è nato con Platone...». Il tutto senza mai lombra di un dubbio, di una riflessione sul senso del limite. Augias in un momento di umiltà arriva a dire: «Ti faccio una domanda come fossi Fedro (lallievo che le domande le faceva a Socrate ndr)».
Ma è solo linizio, perché Galimberti predica anche a Otto e Mezzo, parla di nuovo di Giovanni Paolo II. Insomma è quasi ubiquo, inizia anche lui a dar segni di santità. E non se la prendano: Sissa, Zingari, Cresti, Natoli, Aime, Anders, Barthes, Barucci, Basaglia, Baudrillard, Borgna, Clastres, Ehrenberg, Hacking, Hedges, Hillman, Nussbaum, Rovatti, Simone, Yunus, Zamagni e tutti gli altri. I loro contributi anonimi, triturati e snaturati nei libri di Galimberti, sono quanto è dovuto al nume tutelare della filosofia che siede alla destra di Scalfari.
Empio è chi sostiene che andare in cattedra con libri prodotti con il «copia e incolla» sia prassi sospetta. E inizia a essere in odore di eresia persino lUniversità Ca Foscari. Galimberti è infatti lerede di una lunga tradizione di egemonia culturale. E se allorigine dellegemonia cè la forza delle menti migliori (o almeno la furbizia del Migliore), alla fine quando il dominio è diventato abitudine, resta solo questo: gli intoccabili sono intoccabili. I nani si sono arrampicati nellempireo, la loro scala è fatta delle membra dei giganti tagliate a pezzi e incollate alla belle meglio, guardano dallalto e non si fermano. Infatti Galimberti passa da una trasmissione allaltra, da festival a festival, e non si cura del lavoro certosino di chi, come Francesco Bucci, ha impiegato mesi a raccogliere i materiali che dimostrano che è stata perpetrata una mistificazione intellettuale. A rispondere alle accuse degli «eretici» pensano gli agiografi, e senza spreco di argomenti. Un esempio lha appena dato Marco Alloni sul sito web di Micromega. Alloni è super partes: infatti ha appena scritto un libro intervista con Galimberti ponendogli domande difficili («La sua considerazione di se stesso mi sembra però un po troppo dimessa. Modestia?»), a schiena dritta («Mi permetta, lei è assai bravo a scrivere...»). E Alloni sa come spiegare gli attacchi a Galimberti: «Non è casuale che una simile inclinazione diffamatoria richiami esattamente i metodi e le procedure con cui la stampa berlusconiana... si è distinta nel seminare fango di volta in volta contro Gioacchino Genchi, Dino Boffo, Gianfranco Fini...». Insomma Galimberti sarebbe un martire della macchina del fango. Peccato che oltre al Giornale a denunciare il «copia e incolla» sia stato proprio LAvvenire, allepoca diretto da Dino Boffo.
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