Einaudi: «Le mie canzoni ora nascono sul web»

In classifica il cd «Divenire». Il 12 dicembre il compositore sarà agli Arcimboldi

da Milano

Lui si schermisce ricordando che, quando incise l’album Le onde, «i negozi ne ordinarono 87 copie», ma lui non ha mai lavorato per vendere dischi. Non che l’aver piazzato il suo doppio Live alla Scala in testa alle classifiche inglesi non gli abbia fatto piacere; così gli piace aver conquistato il Barbican di Londra e persino il Bolshoi, e non disdegna neppure l’ingresso in hit parade con la colta naturalezza del nuovo Divenire. Ma Ludovico Einaudi è sempre in cerca di nuove sfide; dopo i musicisti dervisci, l’elettronica minimale tedesca con i fratelli Lippok e chi più ne ha più ne metta è tornato al cinema. Scrive la musica di This Is England, il film di Sean Meadows premiato alla Festa di Roma, e subito la colonna sonora è in lizza per il British Independent Film Awards di Londra, che potrebbe aprirgli la strada verso l’Oscar.
Tutto quello che tocca diventa oro.
«Questa è una colonna sonora anomala. Ci sono composizioni nuove, alcuni brani che fanno già parte del mio repertorio e alcuni pezzi del nuovo album, come Ritornare, arrangiati e articolati in modo differente per il film con il gusto dell’improvvisazione».
È un film dalle immagini piuttosto crude.
«Un film con una visione poetica e sentimentale molto forte. Racconta con gran realismo la vita dei giovani inglesi negli anni Ottanta, con la guerra delle Falkland e senza punti di riferimento, costretti ad aggregarsi in bande spesso violente per sopravvivere. Credo che i suoni sottolineino le immagini con realismo e passione».
Se vince in Inghilterra la colonna sonora può puntare all’Oscar.
«Sono contento che il film stia andando bene. Amo le storie vere, intelligenti, ricche di pathos. Non mi vedo a Hollywood ma certo sarebbe una grande avventura».
A proposito di avventura. È vero che ha fatto ascoltare alcuni brani in anteprima su Internet ai suoi fan?
«Spesso metto una telecamera sul pianoforte ed entro in una stanza virtuale dove organizzo un concerto improvvisato da casa. Un giorno stavo improvvisando, senza pensare di essere in rete; suonavo un pezzo e mi sono arrivati un sacco di complimenti. Così guardai il calendario: era lunedì, chiamai il pezzo Monday ed è entrato nell’album».
Si è buttato sull’elettronica ma in modo molto soft, come è tipico del suo stile.
«L’elettronica per me è un sottofondo, un’estensione del pianoforte. Ormai bisogna convivere con i computer, anziché rifiutarli bisogna utilizzarli per sperimentare. Registrarli e capire come possono interagire con il suono, come dei venti contrari che si respingono e su attraggono».
Ci sono elettronica, orchestra e piano solo.
«Mi piace pensare al disco come una serie di fiumi che si buttano nello stesso mare. Ci sono tante pennellate e alla fine un quadro complessivo molto colorato».
Ora che progetti ha?
«Due concerti in Portogallo, uno con Rodrigo Leao e un altro con Ballake Sissoko. Poi il concerto agli Arcimboldi di Milano il 12 dicembre e a febbraio - marzo la tournée in Inghilterra».
Come sarà il concerto milanese?
«Alcuni brani per piano solo ed altri con un’orchestra ridotta rispetto al cd. Solo sei archi e Robert Lippok coi suoi giochini elettronici».
Lei continua a sperimentare nuove strade: con chi le piacerebbe suonare?
«Con Piers Faccini, un cantautore di culto, che scrive brani che uniscono il blues al folk italiano al jazz. Anche da noi comincia a diventare famoso. Mi piace molto anche la voce di Camille. La world music, al di là del commercio, è un’infinita fonte di ispirazione e di confronto».
Oggi il pianoforte solo va di gran moda, forse anche per merito suo...
«Io ho suonato jazz, ho studiato con Berio poi ho deciso, molti anni fa, di seguire un mio percorso e all’inizio mi seguivano in pochissimi.

Poi mi sono stupito nel vedere che questo piccolo gruppo è diventato un fiume di gente, che forse prima non ascoltava neppure il mio tipo di musica. So per certo che esiste, per me come per altri, un grande pubblico che non ama la musica commerciale della radio».

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